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CANONE RAI COME FRENO?
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Comunicato 
10 marzo 2000 0:00
 


PER IL PRESIDENTE DELLA RAI SAREBBE MEGLIO ABOLIRLO?
CREDIAMO INVECE CHE SI TRATTI DI UNA NUOVA RICHIESTA DI AUMENTO DEL CANONE.

Firenze, 10 Marzo 2000. Il presidente della Rai, Roberto Zaccaria, intervenendo ad un dibattito ha lanciato l'allarme sul superamento della Rai da parte di Mediaset: pietra dello scandalo sarebbe il canone che, nel 2005, contribuira' alle entrate per il 16%, mentre la pubblicita' sara' al 64% e la pay-tv al 20%. Se si considera che oggi pubblicita' e canone contribuiscono al 50%, e che la stessa pubblicita' cresce ad un ritmo del 9% mentre il canone all'1%, secondo Zaccaria e' evidente che la Rai non potra' correre dietro al suo principale concorrente. E per questo chiede il conforto del legislatore.
Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
Bisognerebbe che il presidente Zaccaria leggesse le tantissime lettere che ci arrivano ogni giorno, dove gli utenti ci chiedono spiegazioni per quella tassa irrazionale sul possesso dell'apparecchio televisivo che hanno eufemisticamente chiamato "canone". O che, magari, leggesse i messaggi dei tanti newsgroup di Internet dedicati ai problemi della comunicazione e dell'informazione.
Ma pensiamo che il presidente Zaccaria queste cose le sappia bene, e si tiene ben stretti i miliardi che milioni di italiani gli versano ogni anno per obbligo di legge. Gli fanno comodo, e con l'intervento di stamane a Milano ha solo lanciato un messaggio al legislatore, che leggiamo in questo modo: voglio piu' soldi per la Rai, le percentuali sono quelle che ho detto …. fai te, Governo e Stato.
Un ingenuo potrebbe pensare che Zaccaria stia auspicando l'abolizione del canone e la liberazione dei limiti sui tetti pubblicitari. Potrebbe darsi se la posta in gioco non fossero quegli introiti sicuri che il canone rappresenta, cioe' se si trattasse di un canone pagato da chi chiede di vedere la Rai (come una pay-tv). Ma non e' cosi'. Siamo in presenza di una tassa, e il messaggio e' chiaro: aumentare la percentuale di crescita del canone per stare dietro alla concorrenza.
La conferma, quindi, che tutti i contribuenti sono chiamati a pagare le esigenze di mercato di un'azienda che, gestendo il monopolio pubblico sull'informazione di Stato, non fa altro che capitalizzare gli utili e distribuire le perdite, con in piu' l'aggravante che con questa impostazione di bilancio fa concorrenza ad altri attori del mercato.
 
 
 
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