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 ITALIA - ITALIA - Banda larga: buoni propositi e lentezze
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Notizia 
11 febbraio 2011 12:51
 
La decisione del governo di sbloccare 100 milioni di euro di fondi Fas per il superamento del digital divide 'e' positiva'. Lo afferma il vicepresidente per le Politiche territoriali e distretti industriali di Confindustria, Aldo Bonomi, che invita tuttavia, 'in questo periodo di crisi', a spendere le risorse 'con accuratezza, indirizzandole verso iniziative che facciano da volano per la ripresa economica'.
'Nel definire il programma per la realizzazione dell'infrastruttura di rete di nuova generazione dobbiamo quindi tener conto della necessita' che la banda larga sia disponibile in primo luogo in tutte le aree industriali per fornire rapidamente alle imprese uno strumento imprescindibile per il recupero di competitivita' del settore manifatturiero'.
Il potenziale della banda larga come volano di sviluppo economico è evidenziato pure dall'Associazione europea degli operatori di telecomunicazioni (Etno), il cui presidente Luigi Gambardella, ha dichiarato: 'Il potenziale di internet ad alta velocita' deve essere sfruttato da tutti i settori economici e dalla societa' in generale in modo da permettere una crescita intelligente e sostenibile'.
Ma come stanno le cose in Italia? Vanno a rilento, come evidenziato dall'agenzia TmNews in un resoconto/scheda, di quanto è stato fatto negli ultimi tempi in Italia.
Lo sviluppo della banda larga passa in Italia attraverso due percorsi paralleli: da un lato l'azzeramento del digital divide, per permettere a tutti gli italiani un collegamento a internet a una velocità compresa tra 2 e 20 Megabit/s entro il 2012 e dall'altro lo sviluppo della banda larga ultraveloce per portare il collegamento a 100Mbit al 50% della popolazione entro il 2020 secondo le indicazioni dell'Unione europea. Ma entrambi i percorsi stanno avanzando lentamente anche a causa dello scarso impegno del governo.
Nel 2009, per colmare il digital divide, il governo aveva stimato un investimento complessivo pari a 1,4 miliardi di cui 800 milioni sarebbero stati messi a disposizione dallo Stato, risorse bloccate per ragioni di bilancio a causa della crisi e ridottesi progressivamente a soli 100 milioni dai Fondi Fas, come annunciato dal ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani.
Il progetto va di pari passo con quello della banda ultraveloce, che si sta sviluppando a macchia di leopardo grazie agli investimenti degli operatori privati nelle zone più remunerative come Roma o Milano o con iniziative pilota come quella del Trentino di Telecom Italia, o per la banda ultraveloce mobile in cui sta investendo Vodafone. Ad esempio Telecom ha un suo progetto per la rete di nuova generazione, che renderà possibili i collegamenti in fibra in 13 città entro il 2012, e 138 entro il 2018.
Inoltre le società di tlc e il governo hanno siglato a novembre scorso un Memorandum di intesa per la nascita di un veicolo societario - secondo le modalità della partnership pubblico-privata - per la realizzazione di un`infrastruttura passiva per lo sviluppo di reti a banda ultralarga, con l`obiettivo di coinvolgere le Regioni, gli Enti locali e le istituzioni finanziarie pubbliche e private.
Di fatto al momento c'è l'impegno da parte del ministro dell'Economia a un coinvolgimento della Cassa depositi e prestiti con investimento sia in equity sia cash. Il piano esecutivo del memorandum è però ancora da definire. I vari attori si sono dati 3 mesi per farlo e il lavoro, stando al calendario, dovrebbe essere agli sgoccioli.
Ma la complessità degli interessi coinvolti lascia prevedere tempi più lunghi anche perchè il piano dovrebbe essere indirizzato a coprire quelle zone meno remunerative delle grandi città. Sono da completare ancora tutti gli aspetti tecnici, economici ed operativi, il modello di governance e il business plan.
Scheda. Nel gennaio scorso, la Commissione europea ha approvato l'utilizzo di oltre 1,8 miliardi di euro di fondi pubblici con l'obiettivo di sviluppare la banda larga, in base agli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato. I finanziamenti pubblici sono destinati a garantire che ogni cittadino europeo, compresi quelli residenti nelle zone rurali o remote, abbiano accesso a internet a banda larga. Il vicepresidente della Commissione responsabile della concorrenza, Joaquin Almunia, ha sottolineato che "gli investimenti intelligenti nelle infrastrutture a banda larga e ultralarga sono essenziali per creare posti di lavoro, migliorare le performance economiche e liberare il potenziale competitivo dell'Ue sul lungo periodo. La Commissione - ha aggiunto - vuole aiutare i paesi Ue ad accelerare gli investimenti pubblici e privati nel settore".
Il termine "banda larga" indica il complesso di tecnologie (sono di diverso tipo e ne emergono sempre di nuove: il settore è in grande evoluzione) che permettono di ricevere e trasmettere dati con velocità molte volte maggiore a quella consentita dai comuni cavi telefonici, e a convogliare più flussi di dati sulla stessa connessione. Senza andare a proporre cifre e termini tecnici, diciamo che per convogliare il contenuto d'informazione legato a un film scaricato da internet tramite una doppino telefonico e un modem occorrono ore, con un sistema a banda larga basta una manciata di secondi.
Avere o non avere a disposizione questi sistemi determina il cosiddetto "digital divide", ovvero il divario fra chi ha accesso a un'informazione sempre più rapida e completa e chi deve ancora affidarsi a sistemi lenti e insicuri. Non è solo questione di scaricare un film in più o meno tempo. Nel corpo dell'economia globale, se i flussi di denaro possono essere paragonati al sistema sanguigno, che vanno ad alimentare i diversi organi per assicurarne il funzionamento, allora la rete informatica può essere paragonata al sistema nervoso. Una rete informatica lenta comporta lentezza di riflessi, incapacità di reagire efficacemente nel tempo minore possibile, mancanza dei dati necessari a prendere le decisioni giuste. Un sistema insicuro o vulnerabile ad attacchi può portare a prendere decisioni sbagliate o in ritardo. Se manca il sangue (o va in direzioni sbagliate), il corpo illanguidisce e muore. Se viene meno il sistema nervoso, si paralizza e muore lo stesso, magari dopo un po' di convulsioni. Se l'Europa si preoccupa di restare al passo con il resto del mondo, eliminando il digital divide, ha tutte le ragioni.
Esistono molti sistemi per valutare il digital divide di una nazione rispetto ad altre più evolute. In genere si prendono in considerazione parametri come la velocità media dei flussi di dati e il numero degli utenti che vi hanno accesso. Dicono molto agli esperti, poco al lettore comune.
La classifica forse più significativa è quella elaborata dalla Said Business School della Oxford University, che mette insieme diversi parametri per fornire un punteggio indicativo finale.
Sono 14 i paesi - sui 72 analizzati - già pronti per l'internet del futuro. L'Italia non è fra questi, anzi: il nostro paese è al 26esimo posto fra i primi 30, con un "broadband quality score" pari a 72 punti, contro i 153 della Corea del Sud, che si conferma leader della classifica mondiale. Il punteggio dell'Italia in termini di qualità della banda larga è, sì, migliorato rispetto ai 68 punti del 2009 e ai 63 del 2008, ma il nostro paese è nel gruppo di quelli che riescono appena a soddisfare gli attuali bisogni di connettività, e il distacco dai leader della classifica è notevole: alla Corea del Sud seguono Hong Kong (118), Giappone (116), Islanda (115), Svizzera, Lussemburgo e Singapore (111), Malta (108), Olanda (107), Emirati arabi uniti (106), Qatar (106), Svezia (104) e Danimarca (103).
Oltre a questi paesi, dispongono di reti internet già a prova di futuro - in grado cioè di supportare servizi come la Tv ad alta definizione e la videocomunicazione - Bulgaria, Romania, Lituania, Finlandia, Lettonia, Germania, Portogallo e Islanda.
Nel 2009 erano nove, l'anno prima in questa lista era presente solo il Giappone.
Neanche una città italiana figura inoltre tra le 38 che dispongono di una qualità di banda sufficiente per essere predisposte a diventare comunità intelligenti e sempre connesse: ce ne sono 18 europee, ma nessuna italiana. Il nostro paese, del resto, non fa bella figura neanche sul fronte della banda larga mobile, ovvero quella accessibile attraverso i telefonini "intelligenti" e dispositivi come tablet e netbook, la cui qualità, a livello globale, è migliorata significativamente, con il 10 per cento degli utenti che può già usufruire di un'esperienza comparabile a quella della banda larga fissa con gadget che può trasportare in tasca o in una cartella.
Secondo i dati di Eurostat (l'ufficio statistico comunitario), meno della metà delle famiglie italiane (il 49%) dispone di internet a banda larga. Una percentuale che ci colloca ben al di sotto tanto della media europea (61%) quanto della penetrazione registrata in paesi come la Norvegia e la Svezia (83%), la Danimarca (80%), la Germania (65%), ma anche Malta (60%). Peggio di noi, in fatto di banda larga, vi sono soltanto Grecia (41%), Romania (23%) e Turchia (34%). Dal 2006 al 2010 la percentuale di famiglie europee con connessioni internet a banda larga è raddoppiata, passando dal 30% al 61%. Noi siamo ancora lontani: balbettiamo, mentre gli altri conversano fluentemente. Colpa di scarsi investimenti, burocrazia oppressiva e di una classe politica impreparata. Sarà bene recuperare il tempo perduto, o ci troveremo nelle condizioni di un muto che siede a un tavolo
 
 
 
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