27 ottobre 2015 19:01 - lucillafiaccola1796
dal produttore al consumatore...eliminiamo i parassiti! Flit
Flit! Flit !
Perché la Soundreef lo fa gratis, vero? e poi torno a
chiedere con quale criterio saranno ripartiti i diritti
versati dagli esercenti, che non sono poi neppure i
consumatori finali!
Cara Lucilla, magari un po' più di analisi prima di
trinciare giudizi può rendere la conversazione più
proficua.
28 ottobre 2015 9:45 - brambilla.net
E’ la fine della proprietà intellettuale?
In un mondo dove tutti possono pubblicare sul web, anche per
l’editoria tradizionale molte cose sono cambiate. Non per
questo gli editori della carta stampata sono per principio
contrari a internet. Anzitutto tramite il web gli editori
conoscono molto meglio i loro lettori, perché possono
tracciare le loro scelte e modificare i propri target.
Ma il mondo del web non può trasformarsi in una giungla
dove tutti possono fare i propri comodi a scapito degli
altri. La questione è: il diritto all’informazione, che
va certamente difeso, può essere però esercitato a scapito
del diritto d’autore? In Italia poi c’è anche un
diritto morale, non solo un diritto di sfruttamento.
“Sarebbe importante che le diverse legislazioni operanti
nei diversi Paesi fossero armonizzate adeguandosi alle
esigenze degli utenti, ma senza snaturare il principio della
proprietà intellettuale – afferma Cristina Foschini del
Gruppo editoriale Mauri Spagnol – Del resto se un autore
non vedesse riconosciuto un ritorno economico alla propria
creatività, metà delle opere non sarebbero nemmeno
scritte“.
Ci troviamo allora di fronte al rischio di fine della
proprietà intellettuale? Per la normativa italiana è
l’art. 98 CPI ad occuparsi dei beni immateriali, dei
diritti in esclusiva, del know how e in generale delle opere
dell’ingegno. Ma internet sfida il diritto d’autore.
Mediamente il 42% dei contenuti oggi è dematerializzato
(fonte: Digital Commission Society). Il 14,9 dei libri, il
38,4% dei film, il 51,4% della musica, il 69,1% dei
giochi.
Ha senso parlare di diritto di esclusiva quando milioni di
persone scaricano ogni giorno liberamente testi, musiche,
filmati? “Il diritto di esclusiva nasce con l’opera.
Diciamo che c’è un’evoluzione, ma la sostanza del
diritto non è stata toccata – afferma Massimiliano
Mostardini, dello studio legale Bird & Bird – Il problema
sono gli strumenti per difendere questo diritto, perché
ciò che accade sul web è difficile da controllare”.
In tema di controllo fino ad oggi il ruolo maggiore è stato
attribuito agli Internet Service Providers, ma la tendenza
sta portando la responsabilità sulla liceità dei contenuti
verso chi li pubblica, non verso chi semplicemente li
distribuisce.
Per la giurisprudenza italiana e internazionale, che si è
creata ultimamente, sembrerebbe esserci una notevole
differenza fra l’uso privato e l’uso pubblico o
commerciale dei contenuti scaricati dal web. Posso mettere
un brano o un’immagine di un personaggio famoso sul mio
profilo Facebook? Sì, perché non c’è uso commerciale,
solo un uso privato. Ma posso pubblicarlo anche sul mio sito
aziendale? No.
Ciò che conta quindi è il tipo di utilizzo di ciò che
costituisce proprietà intellettuale di qualcun altro. Se
c’è un intento commerciale, promozionale o di marketing,
certamente si infrange il diritto d’autore di chi ha
creato quei contenuti. Paradossalmente anche l’uso sulla
propria pagina di Facebook potrebbe costituire un abuso, se
la nostra pagina dovesse far intendere obiettivi
commerciali.
Anzi, anche se non ci fosse ritorno economico, anche se ad
es. usassimo un’immagine per un’iniziativa no profit
rivolta al pubblico, occorre comunque richiedere il consenso
dell’autore per pubblicare qualcosa che gli appartiene. Il
diritto di esclusiva è ancora efficace nel nostro
ordinamento, eventualmente con forme compensative come
quelle previste dalla SIAE.
Esiste un orientamento che ritiene che la produzione
dell’ingegno sia un bene comune come acqua, aria, ecc. Non
si può trascurare il fatto che il diritto d’autore soffra
di una mancanza di tutela pubblica. La coscienza sociale non
concepisce più la tutela come un valore da proteggere. Dal
proibizionismo stiamo passando al permissivismo, come
avvenuto per la droga leggera o gli alcoolici.
Il futuro è sempre di più la trasposizione da diritto di
esclusività adiritto di ottenere un compenso. Viene meno il
principio di autorizzazione preventiva. Il futuro si
sviluppa in due direzioni, anche a livello comunitario:
- Sovrannazionalità, addirittura con traduttori automatici.
I sistemi nazionali sono superati e i sistemi di azzardo
morale stanno andando a prendere in altri ordinamenti.
- Fair use: allargamento delle eccezioni al diritto
d’autore (Canada, UK) ovvero ampliamento del concetto di
uso privato ad es. ai fini didattici o educativi senza
discriminazioni (reti scolastiche, ecc.).
Si parla di licenze collettive estese. La diffusione
capillare di internet rende difficili i contratti one to
one, mentre le licenze collettive possono passare tramite
intermediari. La direttiva europea del 2014 prevede enti di
monopolio che si presume abbiano una rappresentanza generale
(non necessariamente del singolo autore) con remunerazione
forfettaria (salvo espresso rifiuto dell’autore
stesso).
Siamo di fronte a una sorta di rinascimento del lavoro degli
studi legali: strutture generali, governance, elementi
contrattuali, ecc. Ad es. è il caso della copia privata:
secondo una modifica del diritto italiano sul mio PC posso
riprodurre brani perché chi mi vende il PC include una
certa aliquota che gira alle organizzazioni di autori come
la SIAE.
“In astratto anche questi sistemi possono essere
considerati – dichiara Piergaetano Marchetti, notaio e
professore emerito di diritto commerciale alla Bocconi –
Il diritto d’autore non è finito, assume forme
diverse.
Bisognerà però che l’utilizzatore rispetti le regole"
Un altro ramo del diritto industriale è quello dei
brevetti, ma c’è una diversa forza politica fra chi
produce beni industriali e chi produce contenuti
immateriali. Lo stimolo all’innovazione non si può
dividere in compartimenti stagni né limitarsi alla
repressione.
Non si tratta più della forma diretta della retribuzione,
ma di una forma di prelievo su qualcos’altro, ad esempio
il profit sharing sulla pubblicità oppure il già citato
contributo alla fonte sull’hardware.
In termini di enforcement oggi si opera sul provider con
diffide o blocchi. Ma ci sono molti dubbi su questo metodo,
perché si tratta di attività amministrative che non
permetterebbero questo tipo di intrusione. D’altra parte
in materia amministrativa intervengono, in casi diversi,
istituzioni come la Banca d’Italia o la Consob o
l’autorità dei trasporti, comminando sanzioni.
“Insomma, niente funerali per il diritto d’autore,
semplicemente la nascita di nuovi modi per esercitarlo: e
nuovo lavoro per gli studi legali, ma a condizione che ci
sia molta fantasia legislativasull’argomento” conclude
Piergaetano Marchetti.
28 ottobre 2015 9:40 - brambilla.net
Ho appena pubblicato un articolo sull'evoluzione del diritto
d'autore sul web. Potete leggerlo a questo link:
www.assodigitale.it/2015/10/25/bird-bird-il-diritto-dautore-
cambia-sul-web/
27 ottobre 2015 19:01 - lucillafiaccola1796
dal produttore al consumatore...eliminiamo i parassiti! Flit
Flit! Flit !
27 ottobre 2015 17:40 - Grillo parlante
"la Soundreef, che nel campo della musica d’ambiente
utilizza un repertorio proprio"
Vorrei sapere come sono ripartiti i diritti fra gli autori
iscritti alla Soundreef, gli esercenti dei negozi compilano
un programma musicale che riporta tutti i vari brani
eseguiti, o gli importi sono ripartiti forfettariamente tra
gli oltre trentamila autori?
Chi fa i controlli presso gli esercenti per verificare
un'eventuale utilizzo abusivo del repertorio della
Soundreef?