Pienamente condivisibile il punto cardine dell'articolo,
ovvero il reato d'opinione, ma senza scendere nel dettaglio
del fascismo o dell'antifascismo, c'è una frase che non
può non essere ripresa e commentata:
No, un privato, nello specifico caso un'azienda privata che
controlla il più grande social network del mondo
occidentale, ovvero la più grande cassa risonanza mediatica
attualmente disponibile non può fare ciò che ritiene più
opportuno e questo per una serie di motivi:
1) chi decide cosa è violenza, cosa è incitamento
all'odio, chi decide cosa è terrorismo?
2) sulla base di cosa, colui che decide opera questa
decisione? Le segnalazioni degli utenti? quindi significa
che gruppi di utenti possono spostare l'attenzione o meno su
un profilo piuttosto che un altro per semplice opportunità
politica?!
3) chi subisce il ban ha possibilità di replica o di
difesa?
4) Essere bannati dal social network più grande del mondo
occidentale per una causa opinabile subisce, di fatto, una
discriminazione, perché gli viene negato l'accesso ad una
cassa di risonanza immensa per il mondo digitale, più di un
organo di informazione (anche se i retai di diffamazione su
FB sono equiparati a quelli a mezzo stampa).
5) Può una società privata sostituirsi ad una legge dello
stato e discriminare un esponente politico? (alcuni dei
profili chiusi sono di consiglieri legittimamente eletti)
Se è vero, come vero, che in ambito lavorativo un
lavoratore non può essere licenziato/discriminato per le
proprie idee, allo stesso modo un'azienda privata non può
censurare arbitrariamente chi gli pare e piace.
Direte, ma iscrivendovi a Facebook avete accettato le
condizioni di privacy e netiquette.. Si, vero, ma quanti nel
mondo le hanno mai veramente lette? Credo nessuno,
altrimenti FB non sarebbe così popolare, ma anche se fosse,
a questo punto, un regolamento privato può derogare ad uno
diritti fondamentali dell'uomo, ovvero di poter esprimere
liberamente le proprie opinioni?
Non so quale sia il mezzo migliore per un ricorso legale, ma
è fuori da ogni dubbio che su questa specifica casista la
giustizia di uno stato (o quella europea, o il tribunale sui
diritti dell'uomo) debba pronunciarsi.