dal regio decreto del 1938 ai giorni nostri
La legge e la sua storia
Le nostre indagini
Le interrogazioni parlamentari
Esposto-denuncia alla Corte dei Conti
L'interpello
Quanto prendono i collaboratori Rai?
Petizione per l'abolizione del canone
Il perché delle nostre iniziative
LA LEGGE E LA SUA STORIA - La legge che istituisce il cosiddetto canone Rai, il
Regio decreto-legge 2 febbraio 1938 n. 246, fu emanata dal Governo di Benito Mussolini per finanziare la macchina propagandistica del regime. All'epoca il televisore era stato recentemente inventato, ma in Italia non si sarebbe diffuso fino agli anni '50, quando iniziarono le prime regolari trasmissioni in VHF.
Questa legge prevede ancora oggi il pagamento del canone a chiunque sia in possesso di apparecchi "atti o adattabili" alla ricezione delle radiotrasmissioni. Nel 1938 il canone era richiesto fondamentalmente per il possesso della radio, e dagli anni '50 del televisore. Ma da allora la tecnologia si è evoluta oltre ogni immaginazione, contrariamente al canone Rai. Oltre al televisore, sono ormai moltissimi gli apparecchi elettronici che potrebbero rientrare nella indeterminata categoria degli "atti o adattabili" soggetti al canone: videoregistratore, registratore dvd, computer (con o senza scheda Tv e/o connessione Internet), videofonino, cellulari di nuova generazione, iPod e apparecchi mp3-mp4 provvisti di schermo, monitor a sé stante (senza computer annesso), monitor del citofono, modem, decoder, videocamera, macchina fotografica digitale, etc. Infatti, per alcuni di questi la Rai ha cominciato ad
esigere il canone. Solo nel 2012, quando tale richiesta è stata fatta a tutte le partite Iva, il Governo è stato costretto a fare marcia indietro e chiarire che
il canone Rai non è dovuto per un pc, collegato o meno a Internet.
LE NOSTRE INDAGINI - Per questo abbiamo svolto una prima indagine per capire quali apparecchi sono effettivamente soggetti al pagamento del canone. Quello che è emerso è la totale incertezza da parte delle autorità preposte alla riscossione di questa tassa: dalla Rai all'Agenzia delle Entrate, dalla Guardia di Finanza al ministero dell'Economia e delle Finanze fino a quello delle Telecomunicazioni, nessuno ci ha saputo dare una risposta precisa, ma anzi tante risposte contraddittorie. È del tutto evidente che la legge è inadeguata al 21mo secolo. Da qui abbiamo svolto altre indagini da cui è emersa la totale ed arbitraria inapplicabilità di questa norma fascista:
LE INTERROGAZIONI PARLAMENTARI - A seguito delle nostre indagini, sono state depositate alla Camera e al Senato diverse interrogazioni parlamentari (
1,
2,
3,
4,
5,
6) rivolte ai ministeri competenti affinché chiariscano quegli aspetti della legge che oggi fanno di milioni di cittadini dei potenziali evasori fiscali o impongono il canone anche laddove non è dovuto. Dopo anni di silenzio, il
ministero ha risposto nel 2009, ammettendo di non sapere se il canone fosse o meno dovuto anche per un pc e nnunciando un "approfondimento tecnico giuridico" per decidere quali apparecchi siano effettivamente assoggettabili all'imposta tv. Di tale approfondimento non si è saputo più niente, nonostante la Rai abbia più volte tentato di esigere il pagamento del canone anche per un pc.
Nel febbraio 2012, la Rai ha infatti inviato una lettera a tutte le partite Iva, chiedendo il pagamento dell'imposta anche per pc connessi in rete. Questa è stata l'ultima goccia che, come avevamo previsto, ha fatto traboccare il vaso: la rivolta delle associazioni imprenditoriali, al contrario di quelle dei consumatori, è stata ascoltata dal Governo. Dopo anni di interrogazioni parlamentari ignorate, il Ministero dello Sviluppo economico ha finalmente chiarito che
il canone Rai non è dovuto per la detenzione di un computer anche collegato in rete.
ESPOSTO-DENUNCIA ALLA CORTE DEI CONTI - Da tempo la Rai lamenta una grave evasione del canone d'abbonamento, a cui ricollega anche la crisi finanziaria che ogni anno spinge gli amministratori a chiedere un aumento degli importi, ben oltre il tasso di inflazione, e la riscossione indiscriminata tramite bolletta dell'elettricità al fine di sanare il deficit. Per questo, è nei propositi della Rai combattere l'evasione fiscale del canone d'abbonamento, effettuando richieste e accertamenti porta a porta, tramite proprio e anche a mezzo di Guardia di Finanza nei confronti di tutti i nuclei familiari risultanti negli elenchi anagrafici di tutti i Comuni d'Italia ma non ancora abbonati (oltre il 25%).
Per contro, l'ente concessionario non fa altrettanto per i canoni speciali, dovuti per il possesso di tali apparecchi fuori dall'ambito familiare. Tali notizie trovano conferma nelle statistiche sulla densità dei canoni speciali di abbonamento sul territorio italiano. A fronte di oltre 4 milioni di imprese dotate di connessione Internet (e quindi anche di computer), i canoni speciali di abbonamento nel 2006 risultano essere solo 171.554, poco più del 4% dei canoni dovuti dalle sole imprese. Se a queste si aggiungono i lavoratori indipendenti che non risultano come imprese (oltre due milioni), banche e ogni loro filiale, uffici postali, enti locali, enti pubblici e loro sedi distaccate, tribunali e procure con relative sedi distaccate e sedi regionali, associazioni, stazioni ferroviarie, ecc., presumibilmente quasi tutti dotati di un computer o monitor, è evidente che l'evasione del canone speciale è pressoché totale, risultando un danno erariale di svariate centinaia di milioni di euro l'anno.
Infine, del tutto assente risulta l'accertamento e la riscossione del canone temporaneo ("Licenza Temporanea di Importazione" di apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni) ad opera dell'Ufficio Dogane dell'Agenzia delle Entrate.
Nel novembre 2007 abbiamo presentato per questo un
esposto-denuncia a tutte le procure regionali e alla Procura Generale della Corte dei Conti, ipotizzando un ingente danno erariale risultante dal comportamento omissivo dei dirigenti Rai e dell'Agenzia delle Entrate.
L'INTERPELLO - Abbiamo invitato tutti i cittadini sprovvisti di televisore, ma in possesso di altri apparecchi multimediali (computer, decoder, etc.) per i quali hanno ricevuto una richiesta di pagamento da parte della Rai a proporre un
interpello all'Agenzia delle Entrate. Contrariamente ad altre forme di richiesta, se l'interpello non riceve risposta, il contribuente può far valere la sua interpretazione della legge, senza incorrere in future sanzioni. In altre parole, se l'Agenzia delle Entrate continua a non rispondere, si potrà tranquillamente non pagare il canone/tassa per computer e altri apparecchi multimediali senza rischi di incorrere in sanzioni.
Abbiamo anche formalmente chiesto una
consulenza giuridica alla Direzione centrale del ministero delle Finanze in quanto associazione rappresentativa di interessi diffusi. Come già la Rai in precedenza, anche l'Agenzia delle Entrata ha passato la patata bollente ad altri (vedi la
risposta all'interpello). Nello specifico al ministero delle Comunicazioni, lo stesso che rifiuta di rispondere a quattro interrogazioni parlamentari da oltre un anno.
QUANTO PRENDONO I COLLABORATORI RAI - Da anni ormai, la Rai non ottempera a un obbligo di legge sulla trasparenza della Pubblica Amministrazione, pubblicando sul proprio sito web i nomi e relativi importi percepiti dai consulenti e professionisti esterni. Per legge, la mancata pubblicazione degli estremi dei contratti di consulenza comporta l'illegittimità dei relativi pagamenti: "Nessun atto comportante spesa ai sensi dei precedenti periodi può ricevere attuazione, se non sia stato previamente reso noto, con l'indicazione nominativa dei destinatari e dell'ammontare del compenso, attraverso la pubblicazione sul sito web dell'amministrazione o del soggetto interessato, nonché comunicato al Governo e al Parlamento" (art. 3, comma 44 della legge 244/2007). Sempre secondo la legge, in caso di violazione, la Rai e gli stessi consulenti sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l'ammontare della somma illegittimamente erogata. Per questo, abbiamo inviato un
esposto-denuncia alla Procura della Corte dei Conti e abbiamo presentato l'ennesima
interrogazione parlamentare a cui, manco a dirlo, non è giunta risposta alcuna.
LA PETIZIONE PER L'ABOLIZIONE - È una necessità civica che si perde nel tempo, da quando nel nostro etere, negli anni '70 del secolo scorso, non siamo più stati costretti a vedere e ascoltare la radio e la tv di un solo gestore. Quando l'etere cominciò a liberarsi, chi non è stato coinvolto in quello spirito che aleggiava nella canzone di Eugenio Finardi "
se una radio è libera, ma libera veramente, io l'amo ancor di più perché libera la mente..."? Ma era una sensazione d'animo che ha dovuto confrontarsi con un mastodonte: la Rai. Proprio perché non più unica fonte di informazione, spettacolo, sport e cultura via etere, essa è diventata sempre più terra di conquista di chi ci ha governato, un potente strumento attraverso il quale condizionare la vita civica, economica, politica e culturale di intere generazioni.
Ma non ci rassegniamo, e soprattutto non vogliamo continuare a finanziare questa Rai. Ci piacerebbe un servizio pubblico privatizzato, assegnato a diverse emittenti tramite gare d'appalto, una per settore tematico. Ma siamo consapevoli che questo non accadrà per molto, molto tempo. Per ora ci accontenteremmo di non dover essere costretti a pagare per una tv che fa concorrenza sleale ad altri soggetti privati, la cui unica fonte di reddito è la pubblicità.
Per questo proviamo a far sentire la nostra voce attraverso
questa petizione, già sottoscritta da oltre 200mila persone, lì dove -in Parlamento- le cose potrebbero e dovrebbero cambiare. Diamoci una mano!
IL PERCHÉ DELLE NOSTRE INIZIATIVE - Da sempre ci battiamo per l'abolizione del canone Rai, e questo vorremmo. Ma fino a quando esiste questa legge, non è tollerabile che venga applicata in maniera arbitraria e cialtrona, forse perché si ha il timore che applicandola fino in fondo emerga ancor più la sua inadeguatezza e sproporzione. In uno stato di diritto quando una legge è insensata non la si ignora, la si cambia.
Inoltre, con l'evolversi della tecnologia, è evidente che il canone Rai potrebbe essere richiesto per un crescente numero di tipologie di apparecchi, anche quando acquistati ed utilizzati per funzioni completamente estranee alla tv. Affidarsi al buon cuore della Rai nel riscuotere "ragionevolmente" il canone -disapplicando qua e là la legge- è una follia, oltre che poco lungimirante. Da una parte significa accettare quella diffusa cultura di illegalità di cui lo Stato rimane il primo promotore; dall'altra significa esporsi al libero arbitrio della Rai a seconda delle sue esigenze finanziarie.
Per questo ci auguriamo che queste nostre iniziative possano spingere il Parlamento a rivedere, se non ad abolire del tutto una legge dimostrabilmente inapplicabile e inapplicata.