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 U.E. - U.E. - 1984 - Braccialetti, droni, obbligo di selfie domestici. Ecco come gli Stati europei monitorano i loro cittadini
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Notizia di Redazione
23 aprile 2020 9:44
 
 L’Italia non è l’unico Paese che sta lavorando a un’app per monitorare le persone infette dal coronavirus e ridurre la diffusione del contagio. Secondo il ministro degli Esteri, tuttavia, è più avanti di tutti: intervistato da SkyTg24, Luigi Di Maio ha rassicurato sulla proprietà dell’app “Immuni”, che sarà del governo e non finirà «in mano a un cloud». E sarà anche capace di prevedere il futuro e avvertire i cittadini in anticipo, visto che, dice sempre Di Maio, chi scaricherà Immuni riceverà «una segnalazione nel caso in cui stia per entrare a contatto con un positivo».
Naturalmente Immuni non farà nulla di tutto ciò, ma le parole di Di Maio mostrano la confusione che i politici stanno alimentando sul contact tracing e sulla sua reale capacità di aiutare a controllare l’epidemia.

Quasi la metà degli Stati membri dell’Unione europea sta già usando la tecnologia per mappare i movimenti dei propri cittadini. Lo fanno collaborando con le società di telecomunicazione, usano dati anonimi e aggregati o sviluppano delle applicazioni  per tracciare le persone a rischio contagio come la app italiana scelta dal commissario Domenico Arcuri. 
C’è un confine sottile tra il tutelare la salute dei cittadini e la loro privacy. In quel pertugio si è inserita la Commissione europea che ha chiesto agli Stati di rispettare delle linee guida e ha analizzato in un report le misure prese dagli Stati. 

Il Paese che ha adottato finora le misure più controverse è la Polonia. Il ministero della digitalizzazione ha rilasciato un’app chiamata “Quarantena domestica” per garantire che le persone rispettino quarantena. Gli account sono stati creati automaticamente per tutti i cittadini. Mentre all’inizio, le persone potevano scegliere tra l’utilizzo dell’app e la ricezione di regolari controlli di polizia, l’app è ora diventata obbligatoria per chiunque abbia contratto il virus o sia potenzialmente infetto. Per esempio le persone che tornano dall’estero.
Non solo, agli utenti viene richiesto di inviare periodicamente selfie localizzati per provare che sono a casa. Se non lo fanno, la polizia viene avvisata. L’account è valido per 14 giorni dalla data di attivazione, ma i dati saranno conservati per sei anni. Un tempo esagerato. E le informazioni vengono condivise con la polizia, un centro IT centrale e il Centro di sistemi di informazione sanitaria.

Anche la Bulgaria non scherza. il Parlamento ha approvato una legge che consente alla polizia di richiedere i dati degli operatori telefonici e delle compagnie di internet per monitorare i movimenti delle persone e far rispettare la quarantena obbligatoria. Una limitazione forte della privacy dei cittadini. Gli operatori Internet dovranno conservare i dati degli utenti per sei mesi inoltrarlo di volta in vola alla polizia su richiesta. Addirittura nella città di Burgas la polizia ha usato un drone con una termocamera  per misurare la temperatura delle persone in un quartiere popolato prevalentemente da persone appartenenti alla minoranza rom.

Cipro invece il ministero della Sanità sta pensando per alcuni casi di monitorare con braccialetti elettronici al polso o alla caviglia le persone infette che si metteranno in autoisolamento. Mentre in Croazia Il parlamento ha votato una proposta di legge per facilitare l’accesso delle autorità ai dati sulla localizzazione delle persone. Un provvedimento criticato dalle opposizioni, preoccupate per la tutela dei diritti fondamentali. Un altro aspetto controverso riguarda la app con cui cittadini croati possono segnalare coloro che violano la quarantena. 

La Repubblica Ceca sta pensando di lanciare un sistema di quarantena intelligente per tracciare i movimenti di persone che sono risultati positivi. Il sistema opererà sugli smartphone e chiederà ai cittadini il consenso per accedere ai dati della localizzazione e delle carte di pagamento elettronici. 

La Francia in questi anni ha adottato alcune misure di privazione della libertà personale per combattere il terrorismo. Ma in questa emergenza non ha preso alcuna iniziativa concreta sulla localizzazione dei cittadini. Il governo sta però pensando a una strategia per l’identificazione digitale delle persone che sono state in contatto con persone infette. L’operatore di telefonia mobile Orange ha confermato di aver iniziato la condivisione dati di geolocalizzazione aggregati e anonimi con l’istituto di ricerca statale Inserm, per consentire loro di “anticipare e gestire meglio la diffusione del epidemia”.

Anche la Deutsche Telekom lo ha annunciato di aver condiviso i dati anonimi sulla posizione dei suoi utenti con il Robert-Koch Institute, l’agenzia governativa responsabile per il controllo e la prevenzione delle malattie. Come l’Italia anche la Germania sta pensando a un’app per tracciare nuove infezioni e rintracciare i contatti. Il ministro della Giustizia tedesco, Christine Lambrecht ha chiarito che la condivisione dei dati sarà volontaria. 

La Spagna prevede di utilizzare i dati sulla posizione del telefono cellulare per tenere traccia dei movimenti delle persone per vedere se rispettano le misure della quarantena. L’istituto di statistica in collaborazione sta elaborando uno studio in collaborazione con i principali operatori di telecomunicazioni del paese. A breve il Ministero della Salute userà questi dati sulla posizione per avviare un’app che avviserà gli utenti di portare con sé un’autocertificazione. Alcune app di prova sono già disponibili nella città di Madrid e in Catalogna.

In Irlanda si sa già che l’app su cui sta lavorando il governo per tracciare i movimenti dei contagiati userla tecnologia Bluetooth per rilevare quando i dispositivi sono vicini l’uno all’altro. I dati saranno memorizzare ma non si sa ancora se in forma anonima e per quanto tempo.
 
Misure più lievi negli altri Paesi. Per esempio in Austria l’operatore di telecomunicazioni, A1, ha confermato di aver effettuato analisi sul movimento aggregato di persone a disposizione delle agenzie governative. In Belgio i ministri della Salute e dell’Agenda digitale hanno istituito una task force per analizzare i dati forniti in forma anonima dalle società di telecomunicazioni che operano nel Paese.
In Slovacchia la legge speciale “Corona” dal 25 marzo consente all’Ufficio di sanità pubblica di utilizzare i dati degli operatori di telecomunicazioni per tenere traccia dei movimenti delle persone infette da Covid-19 e di quelle all’interno quarantena obbligatoria. Ma sempre e solo col consenso dei cittadini. Secondo la Commissione europea la polizia e i servizi segreti hanno accesso a questi dati e potrebbero essere in grado di identificare una persona dopo aver ottenuto un ordine del tribunale.
La Slovenia ha discusso una proposta di legge che consentirebbe alla polizia di monitorare la posizione delle persone che optano per l’autoisolamento invece della quarantena obbligatoria. A causa di forti critiche, anche da parte della Commissaria interna all’informazione, Mojca Prelesnik, che ha parlato del rischio di  «Stato di Polizia», la legge è stata adottata senza le disposizioni più controverse.

(articolo di Europea del 23/04/2020)
 
 
 
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