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 ITALIA - ITALIA - Ichino: sindacati contraddittori sul no agli stranieri in Telecom
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Notizia 
20 aprile 2007 0:00
 
Quando "fanno barriera" contro l'eventuale controllo di Telecom Italia da parte di capitali stranieri, i sindacati italiani manifestano una "grave contraddizione": si lamentano degli imprenditoria nazionale, ma allo stesso tempo la difendono. E' l'opinione di Pietro Ichino, il giuslavorista milanese intervenuto al convegno "Se sono i lavoratori a scegliersi l'imprenditore migliore" organizzato dall'Università degli Studi di Milano-Bicocca. I sindacati, secondo Ichino, "accusano gli imprenditori di essere inaffidabili, gratti e incompetenti, ma poi sono i loro più strenui difrensori", nel riassetto del gruppo tlc come nelle vicende che riguardano Alitalia, Fs e in passato Antonveneta.
Secondo il professore, ex sindacalista della Cgil, deputato indipendente del Pci e scampato ai piani omicidi delle nuove Br, i sindacati devono imparare a fare i conti con il fatto che "il potere contrattuale dei lavoratori è direttamente proporzionale all'ampiezza della loro possibilità di scelta dell'imprenditore". La globalizzazione, ha aggiunto, da un lato permette di aumentare questa possibilità di scelta, dall'altro aumenta le possibilità di sostituzione dei lavoratori, specialmente quelli meno qualificati e quindi più deboli. Per questo è necessario che l'Italia aumenti la propria capacità di attrazione degli investimenti esteri.
Ichino ha citato l'esempio dello stabilimento britannico della Nissan, a Sunderland, diventato in pochi anni l'impianto con la maggiore produttività in Europa, ma non in grado di raggiungere gli obiettivi di redditività prefissati dalla casa giapponese. "Una scommessa vinta più dai lavoratori che dall'azienda, visto che grazie alla flessibilità contrattuale guadagnano il doppio". In Italia, ha aggiunto il professore, la contrattazione nazionale è di fatto inderogabile, anche per l'assenso di Confindustria.
Secondo Ichino il sindacato moderno "serve per valutare un progetto e scommetterci sopra, al costo però, di rischiare di perderci qualcosa". In passato, nel caso della corsa all'euro, ha dimostrato di saperlo fare. "La mia proposta non è quella di abolire i contratti nazionali, ma consentire che un sindacato con una rappresentatività adeguata, radicato in almeno quattro regioni, possa negoziare un contratto in deroga".
 
 
 
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