testata ADUC
Gli oggetti intelligenti ci renderanno come delle bestie?
Scarica e stampa il PDF
Articolo di Redazione
10 marzo 2013 14:21
 
 L'ultima produzione del ricercatore bielorusso Evgueny Morozov, e' apparsa nei giorni scorsi sul quotidiano “Wall Street Journal” con il titolo “Gli oggetti intelligenti ci renderanno come delle bestie?”.
Morozov, per cominciare, parte dall'esempio del cestino dei rifiuti intelligente creato da un gruppo di designer britannici e tedeschi. Ogni volta che si apre e si chiude il coperchio, questo cestino fa una foto che consente di analizzare i rifiuti gettati, e condivide questa foto con gli amici su Facebook. L'idea, evidentemente, e' di rendere attenti sul riciclaggio dei propri rifiuti soprattutto quelli alimentari e, se possibile, influenzare i propri comportamenti.
Morozov vede in questo la convergenza di due tendenze che sono molto radicate nel nostro mondo. Soprattutto la proliferazione di oggetti connessi -quello che viene chiamato Internet degli oggetti-, oggetti che non sono piu' 'bestie' e passivi, ma che, con l'aiuto di un po' di intelligenza artificiale, sono in grado di distinguere un comportamento responsabile da un altro irresponsabile, e nel contempo punire il comportamento irresponsabile valorizzando quello responsabile, tutto in tempo reale. La seconda tendenza e' la possibilita', attraverso Facebook e Google, di socializzare questa nuova interazione con l'oggetto, si' da renderlo visibile ai nostri amici. Questi sono gli ingredienti essenziali di cio' che vengono chiamate le tecnologie intelligenti.
Per Morozov, alcune di queste tecnologie sono relativamente inoffensive e non essenzialmente rivoluzionarie: l'orologio che vibra quando si e' collegati su Facebook, la bilancia che manda un messaggio sul proprio peso a chi ci segue su Twitter o la pillola che allerta il dottore se ci si dimentica di prendere il proprio farmaco. Ma altre tecnologie intelligenti aprono prospettive piu' inquietanti. Perche' molte menti della Silicon Valley individuano in questo la possibilita' di migliorare i comportamenti. Non e' piu' l'ingegneria dei prodotti, ma l'ingegneria sociale. E Morozov evidenzia una tendenza di alcune di queste menti della Silicon Valley a disegnare il mondo o la realta' come “broken”, rotti, spezzati. “Alcune automobili con i fari intelligenti -scrive il nostro-, una intelligenza che e' considerata dalla Silicon Valley come il mezzo per trasformare l'odierna realta' sociale e le anime disperate che vi abitano”.
Ma per Morozov c'e' un motivo per preoccuparsi di questa rivoluzione che avanza: “Tra quelle che divengono piu' intrusive, le tecnologie intelligenti rischiano di toccare la nostra autonomia sopprimendo quei comportamenti che qualcuno, da qualche parte, avra' stabilito come indesiderati. Quelli che pensano di essere “le forchette intelligenti” ci fanno sapere che noi mangiamo troppo veloce. Quelli che credono di essere degli “spazzolini da denti intelligenti” ci stimolano a pulirci i denti. I sensori delle nostre vetture possono dirci di non guidare troppo velocemente o di frenare troppo bruscamente”. Morozov non nega l'utilita' di queste informazioni, ma mette in guardia contro il fatto che queste possono interessare delle istituzioni che hanno tutto l'interesse a sorvegliare i nostri comportamenti. A cominciare dalle compagnie d'assicurazione che offrono gia' delle riduzioni sulle loro polizze ai guidatori che accettano di installare dei sensori intelligenti nella loro vettura. Quanto tempo ci vorra' perche' questo sia obbligatorio per avere un'assicurazione? -si domanda Morozov.
Per lui e' essenziale distinguere tra la “buona intelligenza” e la “cattiva intelligenza”. E preferisce evidentemente quella che ci lascia il controllo totale della situazione con il solo intento di migliorare le decisioni grazie ad alcune informazioni. Morozov considera come “cattive” le tecnologie che prendono una decisione in nostra vece e impediscono alcuni comportamenti. Perche' -scrive il nostro- “il problema di molte di queste tecnologie e' che chi le ha concepite, in virtu' della loro idea di individuare le imperfezioni del comportamento umano, raramente si fermano per domandarsi quanta frustrazione, fallimento e rimpianto e' necessario perche' la felicita' e il sentimento di soddisfazione abbiano un senso. Sicuramente e' importante che gli oggetti che ci circondano funzionino bene, ma e' ancora meglio quando, accidentalmente, essi cessano di funzionare bene. E' come quando, prima di tutto, guadagniamo uno spazio per prendere delle decisioni -la maggior parte delle quali sono indubbiamente molto cattive- e, come negli errori del gioco degli scacchi, noi maturiamo fino a divenire adulti responsabili, tolleranti al compromesso e alla complessita'. Questi spazi di autonomia, saranno preservati in n mondo pieno di tecnologie intelligenti?”.
Cio' che ci si prospetta e' la nostra infantilizzazione, cioe' la poverta' intellettuale. Il mondo trasformato in un luogo in cui ogni errore e' bandito, o dove e' impossibile deviare dal percorso tracciato. Un mondo che assomiglia piu' ad una fabbrica taylorista che un'incitazione al rinnovamento. Perche' “ogni artista o ricercatore lo sa, senza uno spazio protetto, e nel medesimo tempo santificato, dove l'errore e' possibile, l'innovazione cessera' di esistere”. Inoltre: “Le tecnologie intelligenti, nel senso umano del termine, non dovrebbero svolgere la funzione di trovare le soluzioni per noi. Cio' di cui abbiamo bisogno, e' cio' che ci aiuti a risolvere i problemi”. E conclude: “Se i designer di queste tecnologie non prendono atto della complessita' e della ricchezza dell'esperienza umana- con i suoi difetti ed errori, nonche' i propri conflitti- le loro invenzioni finiranno nell'intelligente cestino dei rifiuti della Storia”.

(articolo di Xavier de la Porte, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 08/3/2013)
 
 
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS