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Tassazione GAFA. Il rimedio peggio del male?
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Articolo di Vincenzo Donvito
2 agosto 2019 12:44
 
 La Francia ha deciso lo scorso 11 luglio di tassare del 3% il fatturato lordo dei grandi gruppi tecnologici, provvedimento mediaticamente noto come “tassa GAFA”, dall’acronimo dei maggiori giganti del settore (Google, Amazon, Facebook e Apple), anche se, per esempio, non può non coinvolgere altri giganti tipo Airbnb e Booking. Provvedimento molto poco accetto dalla presidenza Usa di Donald Trump, che ha minacciato ritorsioni sul vino francese.
Questo in un contesto in cui non ci sono accordi nell’Ue, essenzialmente grazie all’opposizione in materia di Danimarca, Irlanda, Svezia e Finlandia. Vedremo cosa accadrà nei prossimi incontri, anche a partire da quello del G7 a Biarritz a fine agosto che, anche se non dell’Unione, potrà fornire quantomeno delle tendenze e dei desiderata in merito.

Ma intanto in Francia Amazon è la prima a reagire. Ha annunciato che, a partire dal prossimo 1 ottobre, questo 3% lo compenserà aumentando della stessa percentuale l’importo che le piccole e medie imprese (PMI) pagano per usare la sua piattaforma. Così argomenta Amazon: "Dato che operiamo nel settore di vendite al dettaglio altamente competitive e a basso margine e investiamo pesantemente nella creazione di strumenti e servizi per i nostri clienti e partner distributori, non siamo in grado di assorbire un'imposta aggiuntiva basata sul fatturato". E continua: questa situazione potrebbe anche "mettere le piccole aziende francesi in una posizione di svantaggio competitivo rispetto alle loro controparti in altri Paesi. Noi, come molti altri attori, abbiamo avvertito le autorità".

Se qualcuno sostiene che si tratta di una mossa inattesa, o è stupido o è in malafede. Non era difficile, visto che si tratta di regole base di qualunque economia di mercato, che i maggiori costi un’azienda li faccia cadere sulla filiera… e, passo passo, si arriverà al tassello finale, il consumatore. Questo vuol dire che non è questa la strada da seguire? Oppure ci dobbiamo rassegnare, perché nel nostro sistema economico è sempre il consumatore finale che deve pagare? Ma se dobbiamo sottostare a questa rassegnazione… se l’obiettivo era quello di ridimensionare il peso economico e fiscale del GAFA… siamo sicuri che lo si stia perseguendo, visto che loro guadagnano lo stesso di prima? Non solo, ma prima che ci sia una stabilizzazione della nuova situazione, nel frattempo non si può escludere che diverse delle PMI coinvolte avranno problemi, e che altrettanti problemi ci saranno per i consumatori; e questo determinerà un calo dei consumi, della fiducia dei consumatori e delle imprese e tutte le conseguenze che tali cambiamenti implicano nell’assetto economico complessivo.

Una serie di domande a cui, allo stato, è difficile rispondere. Intanto possiamo prendere atto, a partire da quanto sta accadendo in Francia, che le decisioni modello 2+2=4 non sempre sono quelle che rendono tutti più uguali. Anzi. Nel nostro caso sembra che questo 3% aumenterà ancor di più il divario tra GAFA e la filiera che sottostà ai suoi servizi.

Quindi: il loro potere aumenterà? Il rimedio peggio del male? Al momento una sola cosa sembra certa: nel mercato dell’Unione non è proprio il caso di procedere a “briglia sciolta”, che la nostra forza contro eventuali ritorsioni americane (Trump non è un parolaio) è una delle più importanti carte da giocare che abbiamo. A Bruxelles sono in diversi a saperlo, ma ciò che ci preoccupa, a partire dall’Italia, sono i tanti che “non capiscono”.
 
 
 
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