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CANONE RAI E INTESE CON I COMMERCIANTI
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Comunicato 
15 febbraio 2002 0:00
 


DOPO LA SENTENZA DEL GARANTE DELLA PRIVACY E UN'ORDINANZA DEL TRIBUNALE ROMANO, I POTERI DELLO STATO SI SMENTISCONO L'UN L'ALTRO, MA IL SUDDITO TELEVISIVO CONTINUA A PAGARE L'ODIOSA GABELLA

Firenze, 15 febbraio 2002. Alcune settimane fa il Garante per la privacy aveva deliberato come illegittimi rispetto alla legge che lui tutela gli accordi tra Rai e alcuni rivenditori, dove questi ultimi percepivano un compenso di 36,15 euro per ogni "abbonamento" che portavano a buon fine e 1,03 euro per ogni segnalazione di acquisto di un televisore che passavano alla stessa Rai. La Tv di Stato non si' e rassegnata ed ha fatto ricorso al Tribunale di Roma, che non si e' fatto attendere: una ordinanza dello scorso 30 gennaio ha accolto il ricorso d'urgenza contro la delibera del Garante: il canone e' un tributo, per cui il Garante si e' mosso fuori competenza; e questo vale anche se non sono piu' in vigore le norme del 1994 che prevedevano l'obbligo di segnalazione da parte del rivenditore.
La partita e' aperta -dice il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito- anche perche', a rigor di diritto e di norme, ci sentiamo di condividere la precisazione del Tribunale romano: se quello che furbescamente continua ad essere chiamato canone e/o abbonamento, e' invece un vero e proprio tributo (come da regio decreto del 21 febbraio 1938), non si capisce perche' bisogna girarci intorno. C'e' una schifezza di tassa, perche' nasconderlo e cercare palliativi al suo rifiuto civico con le aspirine del prof. Stefano Rodota'? Altra cosa sarebbe stato un intervento per stabilire che la menzognera campagna pubblicitaria in corso da sempre, chiamando canone e/o abbonamento questa tassa, debba invece dire le cose come stanno; ma non e' dato avere ragione, perche' anche l'Ufficio Pubblicita' Ingannevole dell'Antitrust, da noi interpellato, ci ha dato torto.
Quindi ci teniamo il danno e la beffa: nel primo caso una tassa che e' diffusamente percepita come gabella sull'aria che respiriamo (il paragone di uno strumento per ricevere informazioni -come il televisore- all'aria, non ci sembra azzardato), e dall'altra la continua presa in giro che ci fanno credere il pagamento come un atto volontario (siamo forse abbonati anche al Fisco, all'Iva, all'Ici, cosi' come all'autobus, al cinema o al giornale mensile?).
Quello che e' successo tra garante e tribunale di Roma, ha pero' un suo fascino, non giuridico, ma civico e politico: ci sono poteri dello Stato che si smentiscono l'un l'altro. Cosa che per noi significa essere in presenza di una norma che e' tutt'altro che armonizzata ai nostri codici e al nostro vivere quotidiano: uno iato che non giova ad alcuno e su cui continuiamo, insieme a non pochi contribuenti, a chiedere che il legislatore intervenga, senza ulteriori prese in giro (il progetto di legge della LegaNord che vorrebbe farlo diventare un balzello pagato da tutti i contribuenti, anche se non possiedono il televisore), perche' l'odio civico verso questo balzello, nascendo da una presa in giro (abbonamento/canone) non potra' essere certamente superato con altrettanta presa in giro.
Sul portale Internet dell'associazione, continua la raccolta di firme per la petizione al Parlamento in cui si chiede l'abolizione del canone.
 
 
 
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