testata ADUC
IL MINISTRO DEL CANONE RAI
Scarica e stampa il PDF
Comunicato 
29 ottobre 2001 0:00
 


FAR CONFUSIONE PER NON ABOLIRLO?

Firenze, 29 ottobre 2001. Il ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, nell’ambito delle "polemiche" per quanto dovrebbe essere aumentato il canone Rai, ha detto che e’ "assolutamente infondata" l’ipotesi di una trasformazione del canone Rai in tassa.
Interviene il presidente dell’Aduc, Vincenzo Donvito.
Non sappiamo se il ministro "ci è" o "ci fa". Ovviamente, per la sua integrita’ mentale ci auguriamo solo che "ci faccia", e stia cercando in tutti i modi possibili e immaginabili di capacitarsi nella funzione di chi deve decidere quanto aumentare il canone, stralciando dalla sua politica il fatto che fino a quando non era ministro sosteneva tutti i giorni la giustezza dell’eliminazione di questa gabella.
Perche’ non solo il canone non puo’ essere trasformato in se stesso, in quanto e’ gia’ una tassa dovuta per il possesso di uno o piu’ apparecchi televisivi nello stesso nucleo famigliare e/o abitativo, ma c’e’ l’ultima pronuncia in materia della Corte Costituzionale (535/88) che e’ anche andata oltre, superando questa concezione del canone come tassa e configurandolo come imposta, cioe’ blindandolo maggiormente di fronte ai continui attacchi di chi, chiamando ognuno alla logica delle parole e al significato delle stesse, chiede di abolirlo e circoscriverlo allo specifico servizio erogato su altrettante specifiche frequenze: imposta, a differenza di tassa, vuol dire concorso alla spesa pubblica sulla base della propria capacita’ contributiva. Una sentenza che, in qualche modo, giustificherebbe le proposte di chi vorrebbe inserire il suo pagamento nella denuncia dei redditi.
Ma queste cose il ministro Gasparri le sa? E nello stesso tempo il ministro e’ a conoscenza che nei prossimi giorni la Corte Costituzionale dovra’ pronunciarsi in materia, chiamata in causa dal Tribunale di Milano, secondo cui il pagamento del canone sarebbe contrario ai diritti fondamentali dell’uomo, allo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e alla liberta’ di pensiero? Una richiesta che anche il tributarista Enrico De Mita ritiene (Sole24ore del 28-10-01) improbabile di successo (e noi concordiamo con lui), ma che nulla toglie alla irragionevolezza del canone.
In sostanza. Il ministro, oltre che gestire l’esistente come meglio puo’ e gli riesce, sarebbe bene che non svolgesse il suo difficile compito con lo scheletro nell’armadio dell’abolizione del canone, altrimenti fa perdere il senso del significato delle parole. E aiuta (volente o nolente?) la continuita’ di questa strage di fiscalita’ e civilita’ che, quella cosa che eufemisticamente si continua a chiamare canone, rappresenta nei nostri codici.
Aver trasformato il canone in tassa (e’ cosi’ signor ministro, ne prenda atto!) e’ stata una mossa arguta e da buon gabelliere dell’Impero Fiscale Vessatorio. La sua considerazione anche come imposta, e’ un atto altrettanto sofisticato. Una situazione di fronte alla quale, a nostro avviso, non ci sono sentenze giudiziarie e della Corte Costituzionale che possano tenere, ma solo volonta’ politiche. E siccome il ministro delle Comunicazioni e’, per eccellenza, un incarico politico, e’ da lui che aspettiamo una decisione, senza confusione e, soprattutto, senza la solita fregatura di cambiar tutto per non cambiar niente.
 
 
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS