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STA ARRIVANDO LA BEFFARDA STANGATA DEL COSIDDETTO CANONE RAI
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Comunicato 
8 dicembre 2002 0:00
 
Firenze, 8 Dicembre 2002. Entro il prossimo 22 dicembre la Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai dovra' esprimere un suo parere sul nuovo contratto di servizio tra la Rai stessa e il ministero delle Comunicazioni, approvato lo scorso venerdi' dal Consiglio superiore delle Comunicazioni. Se tutto andra' bene, questo contratto sara' valido fino al prossimo 31 dicembre 2005.
Oltre all'eterno problema (mai risolto) della differenziazione dei calcoli tra i soldi usati per il servizio pubblico e quelli -diciamo noi- per fare concorrenza sleale alle tv e radio private, la novita' di quest'anno e' che si prefigura un maggiore drenaggio fiscale con quella tassa che, beffardamente, continuano a chiamare canone di abbonamento.
Se negli anni passati l'aumento era legato all'inflazione, quest'anno e' molto probabile che si vada oltre. Prima di tutto l'inflazione e' quella reale e non quella programmata (con una formula di questo tipo: la somma tra l'inflazione programmata e una quota del differenziale tra il tasso tendenziale e quello programmato nell'anno precedente). E gia' qui, la logica economica utilizzata e' del tipo vampiresco e arrogante e non equa e democratica. Prima di tutto perche' gli stipendi (per chi e' nella categoria dei dipendenti, comunque un punto di riferimento) non aumentano del tasso inflazionistico reale ma di quello programmato. E poi non si capisce perche' a pagare questo aumento del costo della vita debbano essere per forza i pagatori del canone/tassa: giustizia e giustezza vorrebbero che tale aumento fosse, per esempio, equamente ripartito tra chi da' il servizio e chi ne "usufruisce" (le virgolette sono un obbligo, perche' la Rai e' pagata anche da chi non ne usufruisce, e paga per il solo fatto di possedere un televisore).
Ma non basta. Perche' una delle novita' di introiti economici e' costituita da una cifra che scaturisce dall'impatto dei nuovi progetti rispetto al valore del vecchio canone.
E, per finire, una penalizzazione o una maggiorazione in base al raggiungimento di determinati obiettivi. Un meccanismo che, cosi' come gia' per le tariffe delle Fs, e' solo penalizzante l'utente/pagatore: alle Fs, quando raggiungono un certo standard di servizio, e' consentito aumentare le tariffe, mentre se non lo raggiungono tutto rimane com'e'. Nel caso Rai la questione sembra un po' diversa. Ma, per l'appunto, vedremo il dispositivo finale, perche' dubitiamo fortemente che, se non verranno raggiunti certi obiettivi, potra' esistere un meccanismo di restituzione della tassa: a rigor di logica se il contribuente ha pagato per un servizio e questo non c'e' stato, dovrebbe avere i soldi indietro. Ma sicuramente non sara' cosi': la Rai tratterra' i soldi e, forse, non aumentera' ancora il canone (le nuove invenzioni in materia, ovviamente, sono escluse ...). Ma, come per le Fs, rimane grosso come un macigno il premio di aumento (della tassa): il contribuente aveva pagato perche' fosse raggiunto un obiettivo, e siccome e' stato raggiunto, allora deve pagare di piu'. Non c'e' che auspicare che gli affari e gli obiettivi gli vadano male: i soldi sicuramente non saranno resi indietro, ma almeno i contribuenti non dovranno pagare di piu'.
Questa e' l'evoluzione del metodo di drenaggio fiscale. Paga e zitto!
Come si fa a non essere, prima di tutto per la privatizzazione dell'azienda Rai (cosi' come gia' chiesto dagli italiani con un referendum), e poi per la dismissione del servizio pubblico? L'alternativa e' l'evoluzione della sudditanza, e la mortificazione del mercato delle comunicazioni e dell'informazione. Proprio come ce ne danno buon esempio le nuove norme del contratto di servizio.
Sul nostro sito clicca qui continua la raccolta firme sulla petizione che chiede l'abolizione del canone/tassa.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
 
 
 
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