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VENTI PROPIZIATORI PER L’AUMENTO DEL CANONE/TASSA DELLA RAI
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Comunicato 
9 ottobre 2002 0:00
 



Firenze, 9 ottobre 2002. Succede ogni anno in questo periodo, quando vengono lanciate le prime linee della legge Finanziaria, e ai diversi livelli ognuno avanza il proprio conto. Nella fattispecie e’ la Rai che gia’ dalla scorsa settimana si era fatta sentire in modo pesante: il direttore generale Agostino Sacca’ aveva chiesto un congruo aumento su programmazione triennale, auspicando di raggiungere il livello francese, che e’ di circa 15 euro in piu’ rispetto a quello italiano. Poi c’e’ il ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, che in diverse occasioni (l’ultima stamane), dice e non dice, facendo sempre dei paralleli con le difficolta’ della situazione economica che non aiuterebbero a determinare indicazioni precise. E lentamente ci si avvicina a fine anno, quando una decisione sara’ presa.
Sicuramente avremo un aumento commisurato al tasso inflazionistico, che non sara’ quello programmato ma quello che ci indichera’ l’Istat. Cosa dovra’ essere aggiunto a questo aumento, per il momento non e’ dato saperlo. Ma se vediamo cosa e’ successo negli anni passati, non e’ difficile ipotizzare qualcosa di pesante. Troppi segnali ci portano in questa direzione. Non ultimi le lamentele corali dei sorpassi di audience che il gestore monopolista ha avuto rispetto alle catene private. Fatto che di per se’ non dovrebbe preoccupare piu’ di tanto, ma che nel contesto italiano di monopolio del servizio pubblico radiotelevisivo, dove si deve cercare sempre un motivo superiore per far digerire l’aumento di una tassa ai contribuenti, il mero dato economico non viene considerato come sufficiente. Ed ecco quindi lo "scandalo" del sorpasso di Canale 5, che dovrebbe galvanizzare l’italica e nazional-governativa tensione verso provvedimenti che impediscano cotanto affronto mediatico. Un mix considerato buono per far dimenticare i quasi 10 mila dipendenti e gli sconosciuti numeri dei collaboratori esterni, tutti con stipendi e compensi da far impallidire; nonche’ uffici e corrispondenti dall’estero che, ogni volta che si ascoltano e vedono in collegamento da questa o quell’altra capitale, non si capisce perche’ i loro servizi non vengano confezionati da un gruppo di giornalisti che, dalle poltrone degli studi romani, con una tv satellitare e un buon collegamento ad Internet, facciano servizi con altissima probabilita’ piu’ aggiornati e documentati di quelli dei loro colleghi oggi sul posto.
Quindi mentre ci prepariamo per il peggio (dal punto di vista del canone/tassa) avvisando anche i contribuenti obbligati a pagare questa tassa per il solo fatto di possedere un apparecchio atto alla ricezione di qualunque tv (compreso il computer con una scheda tv), irriducibili come siamo, cogliamo l’occasione per rilanciare con vigore la necessita’ di abolire questa tassa, e liberare le energie umane ed economiche oggi appollaiate nei vari studi Rai italiani e nel mondo. E soprattutto per liberare i contribuenti e i telespettatori dall’obbligo di finanziare un servizio pubblico la cui esigenza ci sembra sempre piu’ a solo appannaggio dei politici che vi si aggrappano.
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Vincenzo Donvito, presidente Aduc
 
 
 
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