Fintanto che avremo un tv pubblica, cioé di Stato, la pretesa del canone – nella varie forme che in questi anni ci sono state imposte, ultima nella bolletta elettrica – sembra proprio che sia legittima. Una deduzione a cui arriviamo non per via diretta, nonostante i vari tentativi (falliti) che abbiamo fatto nel tempo passando per Autorità e tribunali, ma grazie ad una sentenza della Corte di Giustizia dell'UE (CURIA, con sede in Lussemburgo) che riguarda il cosiddetto canone in Germania (1). Lì usano un metodo più “radicale” per la riscossione, che chiamano contributo radiotelevisivo : è dovuto da chiunque maggiorenne occupi un’abitazione. La sostanza “giuridica” che ne traiamo è che è sempre legittima la pretesa di un’imposta da parte dello Stato per finanziare la tv di Stato. Per cui, qualunque iniziativa tenda a “riformare” questa pretesa per la sua abolizione, stante una tv di Stato, anche se potrebbe avere qualche successo intermedio nei tribunali nazionali, se dovesse poi finire alla Corte di Lussemburgo (ultima istanza di tutte le conteste giudiziarie nei Paesi membri dell’UE), è altamente probabile che subirebbe la stessa bocciatura del ricorso fatto da alcuni contribuenti tedeschi.
E’ importante questa sentenza per chi, come noi, perora da tempo l’ingiustizia di questo cosiddetto canone (metodo etimologicamente truffaldino/furbetto di chiamare un’imposta) per diversi motivi. Non solo la diffusissima contrarietà a pagare un’imposta in assoluto, ma soprattutto perché percepita più ingiusta che mai da chi, sempre più spesso, non fa uso dei servizi Rai del digitale terrestre. Che tradotto in termini economici e politici significa CONCORRENZA SLEALE e ALTERAZIONE DEL MERCATO da parte di chi – Rai – è in aperta concorrenza con tutte le altre emittenti ma che, a differenza loro, percepisce l’imposta dello Stato. Situazione che potrebbe essere meglio accettata dai contribuenti se, per esempio, la Rai non fosse intrisa di pubblicità al pari di qualunque altra emittente commerciale, drogando in modo eclatante questo mercato che, per tutte le altre emittenti, è invece l’unica fonte di introiti economici.
Ma la situazione è così. E ora arriva anche questa sentenza della CURIA a confermarla, grossomodo.
Questo significa che, per chi come noi perora un’informazione, anche di Stato, libera da condizionamenti e in armonia con un mercato di libera e giusta concorrenza, questa rivendicazione ha solo uno sbocco: privatizzazione del servizio pubblico di informazione (tra l’altro già “consigliata” dagli italiani con un referendum nel 1995 – 2). Privatizzazione che dovrebbe avere alla base una gara di appalto per chi dovrebbe fornire questo servizio allo Stato, e che dovrebbe/potrebbe essere finanziato dallo Stato solo per la parte relativa alla pubblica informazione. Sarebbe un passaggio storico: dalla cosiddetta tv pubblica di “nani e ballerine” ad un servizio di mera e rigorosa informazione (e approfondimento) dell’attività dello Stato. Va da sé che i soldi e le imposte in gioco sarebbero diverse da quelle attuali. Stiamo parlando di fantapolitica e fantainformazione? Può darsi, ma è bene ricordare che uno dei partiti che oggi governa il nostro Paese (Leganord), nel 1995 era uno dei due promotori (l’altro erano i Radicali di Pannella) del referendum per la privatizzazione.
1 -
https://www.aduc.it/notizia/canone+tv+pubblica+tedesca+compatibile+col+diritto_135333.php
2 -
https://it.wikipedia.org/wiki/Referendum_abrogativi_del_1995_in_Italia