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CANONE RAI IN AUMENTO
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Comunicato 
19 novembre 1999 0:00
 


MA L'INTERESSE DI QUESTA AZIENDA E' PUBBLICO O PRIVATO?
L'ADUC SOLLECITA L'INTERVENTO DI ANTITRUST E GARANTE TLC

Firenze, 19 Novembre 1999. Il canone della Rai sembra che stia per essere ritoccato di 3000 lire all'insu', portando nelle casse dell'azienda 45 miliardi lordi in piu'.
Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
Ci dicono ogni giorno che la Rai e' un'azienda a cui e' stato delegato il servizio pubblico d'informazione radiotelevisiva, e per questo dobbiamo pagare una tassa che, eufemisticamente, viene chiamata "canone", per il solo fatto di possedere un apparecchio televisivo. E' come per i rifiuti: paghiamo la Tarsu solo perche' abitiamo in un posto, e non paghiamo, invece, lo smaltimento dei rifiuti rispetto a quanti ne produciamo (l'esempio non e' casuale).
E' cosi', ed e' una situazione granitica, confermata in passato anche da sentenze della Corte Costituzionale.
Oggi la Rai ha bilanci in attivo, con oltre 2000 miliardi di incassi pubblicitari nel '99, e 270 mila nuovi abbonati (come lo Stato e la Rai continuano a chiamare i contribuenti che acquistano un televisore … sembrano gli iscritti di alcuni partiti ….). Un'azienda florida, quindi. Un'azienda che operando in regime di monopolio (sul servizio pubblico) dovrebbe fare gli interessi pubblici, perche' il legislatore ritiene che l'interesse pubblico e' meglio tutelato con questo regime che altrimenti.
Ma l'interesse pubblico non e' anche quello di pagare meno per un servizio?
A maggior ragione se chi ha erogato questo servizio ne sta traendo vantaggi ben visibili? I guadagni non dovrebbero essere adoperati perche' il "pubblico" stia meglio? O forse qualcuno crede che questo "pubblico" e' piu' contento quando paga di piu', e percio' e' premiato con 3000 lire di aumento?
E' chiaro che, anche se vogliono farci intendere in questo modo, la storia non e' questa, ma e' quella di un'azienda che viene pagata dallo Stato per fare profitti i cui benefici non ricadono sui contribuenti dello stesso Stato, ma su se stessa e sul mercato, in cui compete con concorrenti che non godono di queste stesse agevolazioni e favoritismi.
Siccome non ci piace pagare in piu' per un servizio che crediamo sia al di fuori di qualunque logica di mercato e di liberta' dell'informazione, abbiamo rivolto queste nostre osservazioni all'Antitrust e all'Autorita' garante per le Telecomunicazioni, per sapere se non ravvedano in questo meccanismo un condizionamento e una distorsione del processo di liberalizzazione in corso.
 
 
 
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