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Canone Rai. L’imposta piu’ odiata e’ sparita? No! Si evade e ci viene estorta piu’ in silenzio
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Comunicato di Vincenzo Donvito
5 ottobre 2017 13:48
 
 L’imposta piu’ odiata dagli italiani, il canone Rai, e’ sparita? No. Tranquilli. E’ solo entrata in un “rapporto piu’ raffinato” coi contribuenti. Si e’ silenziata. Dopo l’abbuffata mediatica che ci ha travolti nel momento del cambio del metodo di riscossione (bolletta elettrica), siamo entrati in una fase di meditazione con due caratteristiche:
- quella dell’agenzia delle Entrate, che ha dovuto capire se il nuovo metodo funzionava o meno;
- quella del contribuente che, a sua volta, all’inizio ha avuto due caratteristiche:
* chi vuole continuare ad evaderla;
* chi si barcamena per non fare errori nelle dichiarazioni periodiche di esenzione;
a cui si e’ aggiunta, di recente, una nuova categoria: i fregati, che pagano l’imposta pur non dovendola pagare perche’ non possiedono un apparecchio tv (categoria che, quando non si pagava tramite bolletta elettrica, praticamente non esisteva).
I numeri di questa fotografia ci vengono forniti dalla relazione sull’evasione (1), commissionata dal ministero dell’Economia ad un gruppo di lavoro guidato dall’ex-presidente dell’istat, Enrico Giovannini (2).
Lo Stato sembra (i numeri, nonostante la credibilita’ di chi ha raccolto i dati, non possono che essere presunti) che incassi di piu’: 420 mln in piu’ per un totale di 2 miliardi, 156 milioni e rotti (nel 2015 erano 1 miliardo, 736 mila e rotti) versate da oltre 6.200.000 famiglie in piu’ (per un totale di oltre 21 milioni e mezzo di famiglie/contribuenti).
L’evasione presunta, quindi, sarebbe passata dal 36 al 10%.
Ma ci sono piu’ di 446.000 famiglie che, pur non avendo un apparecchio tv, hanno pagato il canone. Distratti, infastiditi dalla procedura per l’esenzione (che va dichiarata spendendo per farlo), etc.
E questa e’ la grossa novita’, che nasce dal metodo utilizzato, diffuso presso diversi gestori di servizi di grandi consumi (tipo Tlc), mediamente per fregare i loro utenti: il pagamento del servizio te lo appioppo, se non lo vuoi (se hai diritto a non pagare nel caso del canone Rai), ti devi operare per, come minimo, inviare una raccomandata A/R (costi, file alle Poste, etc), ed entro una certa data, altrimenti se ne parla alla prossima scadenza. Metodo che lascia perplessi, in assoluto e nel particolare. Soprattutto perche’ quest’ultimo e’ lo Stato. Per capire: e’ come se lo Stato, fatti i suoi calcoli che mediamente un contribuente ha un reddito annuale di 25.000 euro, mandasse a casa un bollettino per pagare le relative tasse dicendo: se credi che l’importo non e’ tale, mandami la dovuta dimostrazione, e fallo entro la data xx altrimenti devi pagare la mia presunzione. Civile e democratico, no?
Crediamo che, nel breve/medio periodo, da questa ghigliottina non se ne possa venir fuori. Figurati se lo Stato rinuncia ad introiti del genere, per quanto con la caratteristica di alta illegittimita’. Ma il problema per venirne fuori e’ a monte e di due tipi:
- non si riscuote piu’ col metodo della bolletta elettrica e si fa come per tutte le altre imposte: dichiarazione del contribuente. Improbabile inversione di marcia, visti i precedenti in cui lo Stato ha dimostrato non solo di essere incapace (36% di presunta evasione), ma di usare metodi di riscossione arroganti, a tal punto che l’evasione era sempre in crescita.
- si rimette in discussione l’esistenza stessa di questa imposta in questi termini. A partire dalla semplice constatazione che il cosiddetto servizio pubblico di informazione e’ su un mercato come qualunque altro competitore, ma con l’aggiunta di un abuso di posizione dominante. Fa bene questo alla nostra economia, all’economia comunitaria e ai nostri mercati nazionali in offerta e in competizione nello scenario internazionale? Non sarebbe, per esempio, sufficiente un servizio pubblico solo di informazione istituzionale, finanziato dalla fiscalita’ indiretta?

1 – vedi pag. 199 dell’intera relazione
2 - fonte: quotidiano La Repubblica del 05/10/2017
 
 
 
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