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Europa e Italia. Omicidi: siamo tra i Paesi più sicuri. Il ruolo della RAI
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Comunicato di Primo Mastrantoni
29 ottobre 2019 9:54
 
 Dal 1991 al 2017, gli omicidi nel nostro Paese sono diminuiti dell'82%, passando dai 1.916 a 357 delitti, ma la sicurezza preoccupa gli italiani.

Come il solito, i dati trovano scarso riscontro nella testa, mentre la pancia la fa da padrona, suscitando timori immotivati, soprattutto dopo fatti sanguinosi che colpiscono l'opinione pubblica; è il caso dell'omicidio avvenuto pochi giorni fa a Roma che ha coinvolto giovani ventenni.

Gli altri Paesi europei sono più sicuri del nostro, si sente dire, ed è, appunto un dire al bar tra persone che di numeri ne masticano poco, perché così non è.

Vediamo.

Se analizziamo la percentuale di omicidi in rapporto agli abitanti, l'Italia si colloca tra gli ultimi in graduatoria in Europa. 
I dati sono dell'Istat.

Nel 2017, su 100 mila abitanti, il numero di omicidi in Italia si è attestato a 0,7 (meno di un omicidio), mentre Paesi ritenuti sicuri hanno valori superiori. La Francia è all'1,3, la Svezia all'1,1, la Germania, il Lussemburgo e la Danimarca allo 0,9, l'Irlanda e l'Olanda allo 0,8.

La paura degli immigrati, specialmente quelli provenienti dall'Africa, preoccupa gli italiani al punto tale da considerarli una minaccia per la propria vita. 
Già, ma nel 1991 di immigrati, specialmente africani, nel nostro Paese ce n'erano pochi o punto e gli omicidi erano 1.916; nel 2017, invece, nonostante la forte immigrazione, sono stati 257: un crollo dell'82%, come scritto.

Se vogliamo riferirci agli omicidi nelle capitali europee, a Roma sono stati commessi 14 omicidi, a Londra 109, a Berlino 48 e a Parigi 28. Anche in rapporto alla popolazione, il valore percentuale degli omicidi è maggiore nelle altre capitali citate.

Che cosa possiamo dire?

La paura è uno stato emotivo che sfocia nella insicurezza di fronte ad un pericolo, che può essere reale o immaginario e, in epoca populista dove la percezione vince sulla realtà, il ruolo dell'informazione è fondamentale.

La domanda, allora, sorge spontanea: che cosa ci sta a fare la RAI, la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, pagata dai contribuenti?
Già, che ci sta a fare?
 
 
 
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