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 U.E. - U.E. - Banda Internet. Far pagare di più i big del GAFAN?
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11 maggio 2022 8:50
 
Dove trovare le centinaia di miliardi di euro necessari a finanziare la transizione digitale? Secondo la Commissione, servono 125 miliardi di euro l'anno di investimenti aggiuntivi per portare avanti la trasformazione digitale dell'Unione europea. A corto di risorse per l'elevato numero di priorità (Green deal, ripresa post pandemia e impatto della guerra), la stessa Commissione sembra aver trovato una nuova potenziale fonte di soldi: i giganti del digitale. L'idea su cui stanno lavorando i suoi funzionari è quella di imporre una tassa sui "Gafa" (Google, Amazon, Facebook e Apple) per finanziare gli investimenti nelle reti di attuale e prossima generazione. Anzi i "Gafan". Perché oltre alla solita banda dei quattro presa di mira dalle inchieste dell'Antitrust dell'Ue e dalle nuove regolamentazioni come il Dsa e il Dma, c'è un nuovo colosso che la Commissione vuole chiamare a contribuire. La “N” sta per Netflix. Il principio? I giganti del digitale che offrono contenuti ad alta intensità di dati passanti, come film, musica e giochi, dovrebbero pagare per la banda che utilizzano.

"Una manciata di attori occupa da sola più del 50 per cento della banda passante mondiale. E' giunto il momento di riorganizzare la giusta remunerazione delle reti", ha scritto su Twitter il 4 maggio il commissario al Mercato interno, Thierry Breton. In un'intervista lo stesso giorno a Les Echos, Breton ha annunciato che questo sarà "uno dei principali cantieri" dopo il Digital Markets Act e il Digital Services Act. La Commissione vorrebbe presentare una proposta legislativa prima della fine del 2022. La vicepresidente responsabile del Digitale, Margrethe Vestager, che in passato si è spesso trovata su sponde opposte a Breton, questa volta è sulla stessa linea. "Ci sono attori che generano molto traffico (internet) che alimenta il loro business", ma "non hanno contributo agli investimenti per la connettività", ha detto Vestager il 2 maggio durante una conferenza stampa: "Penso che ci sia un problema che dobbiamo valutare con grande attenzione e il problema è il giusto contributo per le reti di telecomunicazione".

Lo stesso giorno Etno, la lobby degli operatori delle rete di telecomunicazione, aveva pubblicato un rapporto secondo il quale sei giganti del digitale (Meta, Alphabet, Apple, Amazon, Microsoft e Netflix) messi insieme contano per circa il 56 per cento del traffico globale di dati su reti fisse e mobili (le cifre sono del 2021). Google è il più vorace in termini di banda con il 20,99 per cento, davanti a Facebook (15,39 per cento) e Netflix (9,39 per cento). Secondo il rapporto, le piattaforme video, social e di gioco contano per oltre il 70 per cento del traffico internet globale. E la crescita dei dati non si fermerà. Le stime di Etno, dicono che un utente mobile consumerà in media 16,2 Gb al mese nel 2023 contro gli 8,5 Gb al mese nel 2021. Una linea fissa a banda larga arriverà a 454 Gb al mese nel 2023 contro i 293 Gb al mese nel 2021. La stima di Etno (sulla base di un altro studio di Frontier) è che il traffico generato dai giganti potrebbe portare a costi fino a 36-40 miliardi di euro l'anno per il settore delle telecomunicazioni dell'Ue. Il rapporto lascia intendere che servirebbe un contributo annuale dei “Gafan” di 20 miliardi di euro per lo sviluppo delle infrastrutture di rete fissa e mobile.

Non è la prima volta che Etno prova a far pagare ai colossi digitali gli investimenti nelle reti di telecomunicazione per il traffico internet passante. Una decina di anni fa una proposta simile era stata respinta dalla Commissione sulla base del principio della neutralità della rete e dell'obiettivo di spingere l'innovazione. La Ccia - la lobby che raggruppa alcuni giganti del digitale - ha risposto che la richiesta di Etno "cerca di far rivivere un sogno irrealizzabile di dieci anni fa di far pagare i (fornitori di) servizi online per il traffico internet", che è "qualcosa per cui i loro stessi clienti pagano già pesanti canoni di abbonamento". Secondo il vicepresidente di Ccia, Christian Borggreen, la tassa chiesta da Etno e sostenuta da Breton e Vestager equivarrebbe a chiedere alle "società energetiche di riscuotere commissioni dai produttori di elettrodomestici per l'uso energetico delle lavatrici, mentre ai consumatori viene già addebitata la quantità effettiva di energia utilizzata per fare il bucato". Alla fine, gira e rigira, a pagare con ogni probabilità saranno i consumatori.

(David Carretta su Europa Ore 7 del 11/05/2022)
 
 
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