In periodo di rinnovo del consiglio d’amministrazione della Rai, che ci dicono dovrebbe cambiare tutto, ci sembra invece opportuno ricordare che in materia non esistono mezze misure, ma solo soluzioni radicali che, tra l’altro sono state auspicate anche da un referendum vinto da chi ha perorato la privatizzazione del servizio pubblico radiotelevisivo.
Occasione per tornare (1) in materia è un servizio andato in onda ieri 13 maggio su Rai2 e che riproponiamo. Non un servizio dei programmi dell’accesso, dove gli aventi diritto dicono quel che vogliono, ma una trasmissione, “Il Contrappunto” "Anni 20".Stiamo perorando la censura? Non ci sembra, visto che il problema che poniamo non è l’espressione di opinioni critiche su alcune normative di cui il telespettatore è stato informato, ma sulle falsità che hanno caratterizzato tutta questa trasmissione. Il contrario di quello che dovrebbe essere un servizio pubblico.
E se qualcuno crede che queste cose siano correggibili, magari perché sta arrivando il nuovo cda o altre amenità del genere, è bene ricordare che vicende del genere sono all’ordine del giorno nella tv di Stato. Dipende solo da chi in un determinato momento è al Governo e al Parlamento (tutto inclusa l’opposizione), ché sono loro che decidono chi, come, dove e quando e, di conseguenza, non potrebbero che essere faziosi.
La Rai non è possibile cambiarla. Tutti “ci mangiano” e nessuno la vuole cambiare.
La Rai è un servizio di Stato e monopolista che si occupa di tutto, dalla culla alla bara, non un servizio di informazione istituzionale. Perciò va privatizzata e chiusa come servizio di Stato, affidando (solo) l’informazione istituzionale a chi vince una gara.
E se le professionalità da essa finora sviluppate vogliono continuare ad esistere, che lo facciano nell’agorà del mercato, al pari coi loro concorrenti. Oggi invece la Rai è in abuso di posizione dominante perché, oltre a fruire come i suoi concorrenti del mercato pubblicitario, riceve anche il sussidio pubblico con quella bella che chiamano canone (2).