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Diffamazione in Internet e in tv. Cassazione civile e penale d’accordo: il giudice competente è quello del presunto offeso
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Articolo di Deborah Bianchi*
31 ottobre 2009 12:39
 
Il giudice territorialmente competente in materia di diffamazione a mezzo tv o internet è il giudice del luogo di domicilio o di residenza della persona offesa. Cassazione penale e Cassazione civile sono d’accordo sul punto.
Nomi a dominio di siti on line riportano nomi di personaggi famosi con aggettivi a dir poco corrosivi; social network ospitano gruppi dissacratori di figure appartenenti al loro contesto sociale; forum del web amplificano l’eco di opinioni “pesanti”.
E’ del mese di settembre la notizia di un noto presentatore statunitense del Fox News Channel che ha intentato una causa presso la WIPO (World Intellectual Property Organization in Svizzera) per violazione del trademark e per diffamazione contro un sito che portava il suo nome unito all’espressione: “ha violentato e ucciso una giovane ragazza nel 1990” (il nome del sito per esteso: http://glennbeckrapedandmurderedayounggirlin1990.com/).
In agosto un gruppo di adolescenti piacentini vengono denunciati dalla ex insegnante di lettere delle medie per aver creato su Facebook un gruppo di insulti gratuiti alla donna.
Opinioni di orientamento religioso giudicate pesanti espresse su un noto sito di consumatori portano al sequestro delle relative pagine web.
Il cittadino della rete spesso inconsapevolmente vive nel web in modo “spericolato” e allora? Bocca chiusa e naso turato? Oppure testa sotto la sabbia di fronte agli scherni telematici?
No. Non dobbiamo rinunciare a esprimere la nostra persona nella società on line e nella società off line per timore di incorrere in denunce penali o in richieste di risarcimento danni o ancora per timore di restare vittime senza giustizia di cattive burle digitali. E’ sufficiente una maggiore consapevolezza. Possiamo cominciare a capire iniziando a conoscere il giudice a cui rivolgersi se siamo prede o a cui si rivolgeranno se siamo “innocenti” predatori.
Di fronte a una lesione dei diritti della persona nell’internet in materia di onore e reputazione possono emergere conseguenze sia in ambito penale sia in ambito civile. In ambito penale molto probabilmente verrà sporta denuncia. In ambito civile verrà presentata una richiesta di risarcimento danni.
A quale giudice sporgere denuncia? A quale giudice chiedere il risarcimento?
La Corte di Cassazione è stata frequentemente investita di tali interrogativi. Ad oggi pare che sia il settore penale sia il settore civile siano giunti a un orientamento comune. Il giudice territorialmente competente è quello del luogo di domicilio o residenza della persona offesa.
 
Ambito penale
Strettamente connesso alla questione ora trattata è il tema dei limiti di giurisdizione per l'autorità giudiziaria italiana. Al riguardo si può dire che la potestà punitiva del nostro Stato sussiste, alla luce del principio dell'ubiquità di cui all'art. 6 c.p., tanto se nel territorio nazionale sia stata posta in essere (anche parzialmente) la condotta, e dunque sia stata immessa in Rete la comunicazione lesiva dell'altrui onore, quanto se quest'ultima sia stata in Italia anche solo percepita da persone terze rispetto alla persona offesa. Questo orientamento, consolidato in giurisprudenza, è valido sia nell’ipotesi in cui il messaggio, immesso in rete all'estero, transiti sui server italiani sia nell’ipotesi opposta, di messaggio inserito in Italia direttamente su un server straniero( ad esempio tramite un portatile).
Cass. pen., Sez.V, 17 novembre 2000, n.4741: “Il giudice italiano è competente a conoscere della diffamazione compiuta mediante l'inserimento nella rete telematica (internet) di frasi offensive e/o immagini denigratorie, anche nel caso in cui il sito web sia stato registrato all'estero e purché l'offesa sia stata percepita da più fruitori che si trovino in Italia; invero, in quanto reato di evento, la diffamazione si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono la espressione ingiuriosa”. (Ced Cassazione).
Una volta risolto il problema della giurisdizione si presenta la questione della competenza. Inizialmente, il criterio seguito per la competenza territoriale era il criterio del luogo in cui si è verificato l'evento (art. 8, comma 1, c.p.p.), che è poi quello in cui persone diverse dalla p.o. hanno percepito il messaggio offensivo. La realtà delle comunicazioni telematiche risulta spiazzante per l’assunzione di questo paradigma. L'adozione di questo criterio imporrebbe infatti non soltanto di verificare da quale utenza sia partito il secondo collegamento verso la pagina web ospitante il messaggio diffamatorio, ma altresì di stabilire in quale luogo - se in Italia - si trovasse in quel momento l'internauta (considerato che sempre più frequentemente le connessioni a internet avvengono tramite telefono cellulare).
La soluzione per bypassare questi ostacoli si individua nel dettato dell'art. 9 del codice di rito, dedicato ai criteri residuali.
Qui si dice che sarà territorialmente competente il giudice del domicilio dell'imputato (agevolmente individuabile nel caso di giornali telematici registrati), ovvero quello del luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha iscritto per primo la notizia di reato.
Trattandosi di reato procedibile a querela di parte, l’ufficio del PM de qua nella maggior parte dei casi coinciderà con quello del luogo di residenza della persona offesa.
 
Ambito Civile
La questione del giudice competente per inoltrare la richiesta dei danni è stata risolta con Ordinanza a Sezioni Unite dalla Cassazione civile.
Le sezioni Unite hanno stabilito che il luogo del giudice competente “ è certamente quello in cui il danneggiato aveva il domicilio al momento della diffusione della notizia o del giudizio lesivi, perché la lesione della reputazione e degli altri beni della persona è correlata all'ambiente economico e sociale nel quale la persona vive e opera e costruisce la sua immagine, e quindi “svolge la sua personalità” (articolo 2 Costituzione)”.
“Pur non potendosi escludere che, in relazione alla notorietà della persona, il pregiudizio possa verificarsi anche altrove è certo che il domicilio è il luogo principale nel quale gli effetti negativi, patrimoniali e non patrimoniali si verificano”.
Inoltre, “nel caso di diversità del luogo del domicilio e di quello della residenza, il pregiudizio può verificarsi cumulativamente in entrambi i luoghi con la conseguente facoltà dell'attore di adire sia il giudice del domicilio che quello, se diverso, della residenza”.
Le Sezioni Unite addivengono a tali conclusioni dopo aver analizzato i due maggiori orientamenti in materia.
Prima di questa pronunzia si colgono due fronti giurisprudenziali contrapposti. Uno individua il giudice competente in quello del luogo dove è avvenuta la stampa o l’immissione della notizia lesiva in rete (ex multis: Cass. 12234/2007). Un altro individua il giudice competente in quello del luogo dove ha domicilio o residenza il danneggiato (ex multis: Cass. 18544/2007).
L’art. 25 Cost. richiede la costruzione di un criterio in grado di far prevedere ex ante il giudice cui verrà sottoposto il caso.
Il luogo del’immissione dell’evento lesivo in rete non perfeziona la fattispecie del danno finchè non vi sia l’accesso a quella pagina del primo visitatore. Stabilire l’accesso del primo utente a quel determinato sito è impresa impossibile. Dunque il criterio del luogo della pubblicazione non è attendibile.
Non è attendibile neppure il presupposto del luogo in cui è avvenuta la diffusione della notizia in quanto l’internet conferisce uno stato di ubiquità ai propri contenuti e dunque il giudice competente sarebbe rimesso alla mera discrezionalità dell’attore.
Attendibile invece è apparso alle Sezioni Unite il criterio del luogo del domicilio o della residenza del danneggiato.
Trattandosi di lesione ai diritti della persona ed essendo il domicilio la sede principale degli affari e degli interessi del soggetto è legittimo concludere che questo sia il luogo in cui si sono principalmente verificati gli effetti pregiudizievoli. Si tratta altresì di luogo facilmente determinabile ex ante.
La scelta di tale criterio appare corroborata anche dalle riflessioni a livello ordinamentale.
Le S.U. infatti osservano: “In conclusione, nell'ordinamento (nel quale accanto alle norme di provenienza nazionale coesistono norme provenienti da fonti normative o negoziali internazionali) appare essere contenuto un principio generale che, in caso di squilibrio delle posizioni sostanziali delle parti, utilizza il foro del danneggiato o, comunque, della parte debole, come misura riequilibratrice e pertanto autorizza l'interprete, nel caso dubbio a preferire analoga soluzione”.

* Deborah Bianchi, avvocato specializzato in diritto applicato alle nuove tecnologie, esercita nel Foro di Pistoia e Firenze in materia civile e amministrativa.

 
 
 
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