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Vittima e carnefice, le diverse facce dei call center
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Articolo di Domenico Murrone
5 marzo 2010 11:52
 
Occorre fare chiarezza sui call center, un argomento da anni nelle cronache di quotidiani e tv, ma … a compartimenti stagni. Una meccanismo perverso nell'informazione fa vedere separatamente i diversi aspetti del problema. Cosi' tifiamo pro o contro uno dei simboli della nostra epoca, l'operatore di call center, in base al lato della medaglia che osserviamo: quando ascoltiamo notizie su imminenti licenziamenti, lo accogliamo e gli siamo solidali; lo detestiamo quando rifila contratti in modo truffaldino o e' sgarbato e incapace di risolvere problemi.

Il braccio tecnologico dell'operatore di call center

Il call center e' l'interfaccia principe delle aziende con il pubblico, in particolare di quelle grandi che hanno rapporti con migliaia di clienti. Anche gli enti pubblici ne fanno uso. Il call center deve essere visto come un insieme, persone e piattaforma informatica. Quest'ultima e' essenziale sia che gli addetti operino in outbound (quelli che chiamano a casa per proporci un contratto, venditori), sia che operino in inbound (quelli che rispondono quando e' il cliente/utente a chiamare per un guasto o perche' vogliono modificare il contratto o chiuderlo, quindi assistenza tecnica, amministrativa o commerciale).
La piattaforma informatica (insieme di hardware e software) e' una sorta di scacchiera a disposizione dell'operatore di call center. In base a come e' costruita la scacchiera e alle autorizzazioni che possiede, l'operatore puo' fare piu' o meno cose. Per esempio, immediatamente annullare una bolletta pazza, o semplicemente segnalare il problema ad altri soggetti.
La scacchiera puo' essere piu' o meno efficace. Dipende dal grado di coordinamento che c'e' nell'intero sistema informatico delle aziende. Non e' raro che contattando un gestore telefonico l'operatore di turno rassicuri su una bolletta: non si preoccupi, non paghi, e' un nostro errore e la sto annullando. Salvo due giorni dopo vedersi il telefono disattivato. È una situazione che si crea quando l'azienda non ha coordinamento, generando nella clientela sfiducia e incazzature varie.

L'operatore del call center, vittima
Grazie alla flessibilita' d'orario per molti anni e fino a qualche mese fa i call center sono stati uno dei pochi sbocchi occupazionali, in particolare per giovani e donne. I contratti erano fasulli, nel senso che i rapporti di lavoro instaurati, collaborazioni continuate e coordinate (cococo) prima, e a progetto (cocopro) dopo, descrivono male le effettive mansioni, che sono tipiche di un lavoratore dipendente.
Il perverso meccanismo del mondo del lavoro italico ha fatto si' che questi lavoratori flessibili (i collaboratori) siano pagati meno di quelli assunti a tempo indeterminato. Pochi soldi, dunque, e facilita' di interruzione del rapporto. Con vari incentivi e minacce, le aziende sono stata 'spinte' a trasformare i rapporti di lavoro in assunzioni. Un sollievo per molti lavoratori, soprattutto le donne/mamme, che per un po' hanno potuto partecipare al mondo della produzione, senza l'angoscia dei rinnovi contrattuali ogni 3/6/12 mesi.
Ma gli incentivi hanno senso solo come stimolo iniziale, cosi' e' iniziata la girandola di chiusure e riaperture di call center, dettate non da fattori di mercato (seppur la crisi economica ha avuto un impatto), ma dal giro di finanziamenti che alcune regioni (soprattutto al Sud) hanno erogato ad aziende che si impegnavano a mantenere posti di lavoro sul territorio. Non sono mancati call center che avevano beneficiato di finanziamenti ed incentivi per regolarizzare i lavoratori, che hanno chiuso i battenti, salvo riaprire con altra denominazione, negli stessi locali. Con operatori posti davanti a questo ricatto: o accetti di tornare a lavorare con un contratto di collaborazione nella nuova societa', oppure rimani a casa.
Questa situazione di oggettiva precarieta' e il meccanismo degli incentivi (la paga aumenta se si attivano piu' contratti, oppure se si perde poco tempo col singolo utente), trasforma spesso l'operatore del call center da vittima in … carnefice.

L'operatore del call center, carnefice
È uno stillicidio. Sono migliaia e migliaia le segnalazioni delle scorrettezze dei call center ai danni degli italiani. Dalle continue telefonate senza autorizzazione, all'attivazione di contratti senza consenso. Ti chiamano e dicono: vuoi i servizi di Tele2, Telecom, Enel, ecc.? No. Come non detto, in migliaia si ritrovano sotto contratto. Sulle 'astuzie' dei call center basta dare un'occhiata alle migliaia di segnalazioni sul nostro sito. Si badi che il call center ci e' 'nemico' non solo quando a tutte le ore chiamano per rifilare contratti 'imperdibili', ma pure quando non riescono a risolvere problemi banali, costringendoci a lunghe attese, oppure a litigare con l'operatore che sbatte il telefono in faccia.

I mandanti, i big spender
In gergo vengono definiti big spender le societa' che piu' spendono in pubblicita'. Societa' che tengono alta l'immagine del loro marchio con spot e paginate di giornali. Grandi imprese, anche pubbliche, che spesso fanno svolgere all'esterno molte funzioni aziendali, comprese l'assistenza alla clientela e il procacciamento di nuovi clienti. Si tratta per esempio di Enel, Telecom Italia, Fastweb, Tele2/TeleTu/Vodafone, Sky, Tiscali, Bt Italia, ecc.. Sono societa' che pur di catturare nuova clientela non guardano troppo per il sottile, affidando compiti importanti a banditi di fatto. Tanto sono coperte:
- la stampa non le incalza per evidenti motivi (tu mi critichi continuamente, io non faccio piu' pubblicita' sulla tua rete tv, radio o giornale);
- le autorita' di controllo sono sostanzialmente inefficaci, o per loro propensione all'inginocchiarsi di fronte ai soggetti potenti, o perche' hanno le armi spuntate (poteri sanzionatori risibili).

I banditi, legalizzati
Con l'esternalizzazione dei servizi assistenza e vendita, c'e' stato un proliferare di societa' di 'call center' o telemarketing. Soggetti che mettono a disposizioni i loro servizi, che consistono in spazi attrezzati, schiere di operatori pronti a tutto (vedi sopra) e banche dati con milioni di numeri di telefono. In particolare hanno brillato, nell'attivita' di outbound (proposta telefonica di nuovi contratti), le societa' che utilizzavano dati di cittadini raccolti illecitamente, senza cioe' aver informato gli interessati e senza che questi avessero fornito uno specifico consenso alla cessione delle loro informazioni personali ad altre societa'.
Dopo anni di minacce a parole, il Garante della privacy si e' mosso con determinazione, nel settembre 2008, paventando a carico dei responsabili non solo sanzioni economiche, ma pure la galera. Ed ecco che il Parlamento interviene, legalizzando l'uso illegale dei dati con vari interventi di proroga. Un messaggio chiaro da parte dei rappresentati del 'popolo sovrano', al popolo stesso: fottiti, e continua a sopportare il massacro portato avanti da venditori telefonici a tutte le ore.
E mentre il Parlamento ha continuato a coprire le illegalita' con decretini e leggine ad hoc, e' scoppiato un altro bubbone. Un giro di cessioni di societa' di telemarketing ad altri soggetti, che hanno permesso ad alcune aziende di 'liberarsi' di migliaia di lavoratori. E' il caso delle societa' Phonemedia, Agile-ex Eutelia, Omega. Un intreccio di cui non si capisce chi tira le fila, anche se il sospetto e' che dietro il tutto ci siano sempre gli stessi soggetti (e di questo se ne occupa anche la magistratura). Banditi, al soldo dei cosiddetti big spender.

Gli italiani, vittime e basta?

 
 
 
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